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20 settembre 2024

Alzheimer: killer silenzioso del millennio

Oggi sono molte le patologie neurologiche che influenzano lo stile di vita e ciò che fa la differenza rimane la prevenzione. L'Alzheimer rappresenta sicuramente la patologia neurodegenerativa maggiormente diffusa che danneggia il cervello e porta ad un declino progressivo delle funzioni cognitive. Questo declino non è pericoloso solo per le persone anziane in quanto può cominciare in fasi di età più precoci e manifestarsi infine nella terza età. Il primo campanello d'allarme è sicuramente il declino lento ma progressivo della memoria a breve termine ovvero la capacità di ricordare fatti recenti conversando la capacità di rievocare eventi passati. Successivamente vengono colpite altre funzioni cognitive come il linguaggio, il pensiero, la pianificazione, deficit di orientamento nello spazio e nel tempo, deficit di concentrazione, la presa di decisione e la risoluzione di problemi, cambiamenti di umore e personalità e alterazioni comportamentali. 

Alzheimer - NeuroPsicologia Torino

Principalmente la demenza si divide in tre fasi: fasi primordiali, in cui si verifica una lieve compromissione delle funzioni cognitive; fasi intermedie, in cui vi è il peggioramento dei sintomi iniziali con l'aggiunta di stati confusionali e disequilibrio emotivo e infine, nelle fasi avanzate della patologia si ha la perdita totale o quasi delle funzioni cognitive e del controllo motorio. 

Il cervello è ricco di vasi sanguigni che pompano sangue ad ogni battito cardiaco e generalmente riceve un'enorme quantità di sangue e può arrivare ad utilizzare fino al 50% di energia ed ossigeno quando pensiamo intensamente. Le funzioni cerebrali vengono eseguite da singole cellule nervose chiamate neuroni e nel cervello adulto sono presenti circa 100 miliardi di queste cellule e oltre 100 miliardi di connessioni dei segnali cerebrali. Questi generano ricordi, pensieri ed emozioni. Nell'Alzheimer i neuroni vengono distrutti dalla progressione della patologia che causa la morte dei neuroni e la perdita di tessuto cerebrale. Con la progressione patologica la corteccia cerebrale si restringe mentre i ventricoli si ingrandiscono influenzando tutte le funzioni cognitive. 

La terapia psicologia è fondamentale per rallentare il declino cognitivo e preservare per un tempo più lungo le funzioni cerebrali. Molto utile si è rivelata la Validation Therapy, ossia un approccio relazionale che ha l'obiettivo di ridurre lo stress e sostenere la dignità della persona che si trova a dover affrontare questa patologia. L'idea di base si pone dalla possibilità di mantenere un contatto con la persona con demenza, dando risalto all'empatia. Poi ci sono terapie psicologiche sensoriali e multi sensoriali che consistono in differenti tecniche per stimolare i sensi e ridurre l'agitazione psicomotiria. Utile si è dimostrata anche la Doll Therapy, che consiste nell'utilizzo di bambole che hanno particolari caratteristiche con lo scopo di favorire l'accudimento attivo da parte della persona con demenza. Molti studi hanno evidenziato come tale terapia possa ridurre i sintomi cognitivi, comportamentali ed emotivi favorendo l'aumento del benessere generale.  

Non esistono cure, pertanto sono importanti le terapie psicologiche e la prevenzione per rallentare la progressione della patologia. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo/Neuropsicologo 

08 luglio 2024

Regolazione Emotiva con la Mindfulness

 "Non puoi fermare le onde, ma puoi imparare a padroneggiare il surf" J. Kabat-Zinn.

Diversi studi dimostrano come la Mindfulness sia uno strumento essenziale per imparare a gestire le proprie emozioni facilitando l'adattamento verso l'ambiente psico-emozionale. Le strategie basate sulla Mindfulness concorrono, insieme ad altre, ad alleviare diverse problematiche di tipo psichico come l'ansia, la depressione, i disturbi dell'alimentazione, i disturbi psicosomatici, i disturbi borderline di personalità e le emozioni. Inoltre, ci sono diverse evidenze riguardo all'aumento della comprensione e gestione emotiva, una riduzione dello stress e un aumento dell'attenzione e della concentrazione. 

Secondo Jon Kabat-Zinn la Mindfulness consiste nella consapevolezza che emerge dal momento presente attraverso l'attenzione focalizzata sullo svolgimento dell'esperienza in maniera intenzionale. Ciò implica che, il soggetto assuma un setting mentale ed una modalità di elaborazione delle informazioni differente rispetto a quella abitudinaria. Questo setting mentale implica la sospensione dei giudizi riguardo all'esperienza vissuta facendo leva sulla curiosità, sull'apertura e sull'accettazione incondizionata. 

La Mindfulness consiste nell'osservazione consapevole dei nostri pensieri e di come essi siano semplicemente eventi mentali accogliendoli indipendentemente dal loro contenuto e dalla loro carica emozionale senza cedere alla tentazione di cambiarli, risolverli, osservando senza giudizio gli eventi che affiorano alla nostra coscienza. Non bisogna cedere alla tentazione di fornire spiegazioni, fare ragionamenti e sfuggire alla sofferenza che gli eventi possono portare, ma anzi, riconoscerla, accettarla, esprimerla ed esplorarla. Con la Mindfulness non si contrastano, modificano o evitano le emozioni negative o i pensieri di sofferenza, ma si agisce per modificare il rapporto con essi, imparando a cavalcare l'onda. Quindi, ci si allena a sostituire i comportamenti reattivi inconsapevoli con altri consapevoli e funzionali. 

L'elemento fondamentale di questa pratica è l'attenzione consapevole e non giudicante al momento presente e ciò vuol dire un''attenzione limpida, fluida priva di giudizi a ciò che è e al momento in cui è, ic et nunc. L'obiettivo è la cessazione dei cicli auto-perpetuantisi di emozioni e pensieri automatici che ci incatenano al passato o al futuro. 

I vantaggi della Mindfulness ci consentono di ancorarci al momento presente facendo esperienza di ogni istante nella sua profondità ed ampiezza aprendoci alla nostra esperienza e al funzionamento della nostra mente, incrementando la conoscenza interiore. 

Le Neuroscienze hanno messo in evidenza che la Mindfulness massimizza i processi di controllo delle aree cerebrali prefrontali, facilitando la diminuzione delle attività nelle aree cerebrali deputate all'elaborazione delle emozioni. Attraverso la Mindfulness si lavora sull'aumento della consapevolezza metacognitiva che riguarda la misura in cui i pensieri sono soltanto pensieri e non rispecchiano il profondo sé o la verità assoluta degli eventi vissuti. Ciò porta ad un cambiamento della relazione che c'è con pensieri ed emozioni negative. Inoltre, con una pratica costante è possibile osservare, riconoscere e dare un nome alle proprie sensazioni ed emozioni, istante per istante, stando a contatto con esse senza evitarle. In questo modo gli individui imparano a vivere le emozioni profondamente e riccamente senza la necessità di agire su di esse e questo determina lo sviluppo di strategie di regolazione emotiva più funzionali ed efficaci. 

Con la Mindfulness è possibile stabilire un contatto profondo con se stessi e con il proprio ambiente psichico attraverso un atteggiamento accogliente e non giudicante senza farsi travolgere dalla reattività dei sentimenti e delle emozioni, senza evitare, sminuire o giudicare evitando così lo stabilirsi di circoli viziosi patologici.

Dr. Pierluigi Ricci - Psicologo e Neuropsicologo 

 

06 maggio 2024

Freud: nascita del padre della psicanalisi

Sigmund Freud fu un neurologo, psicanalista e filosofo padre della psicanalisi che sosteneva che la mente umana fosse composta da 3 istanze principali: Io, Es e Super-Io. 

L'Io è l'istanza più razionale della nostra mente che regola e gestisce gli istinti e gli affetti e quindi media le pulsioni dell'Es. 

L'Es è la parte più istintiva e primitiva della mente ed è regolata dal principio del piacere, agendo quindi in funzione della gratificazione e dell'evitamento del dolore.

Infine, il Super-Io riguarda la nostra morale, giusto e sbagliato, il buono e il cattivo. Tale parte mitiga l'Es e ci porta ad aderire agli standard morali più elevati della vita. 

L'obiettivo di Freud era quello di analizzare la mente seguendo il metodo scientifico per dare una risposta ai dilemmi e ai misteri della mente umana. Egli sviluppa così un metodo di analisi attraverso il dialogo con il paziente e l'osservazione dello stesso. Iniziò ad analizzare i processi psichici più profondi ed inaccessibili alla coscienza, ovvero i processi inconsci. Grazie all'indagine sulle cause dell'isteria nelle donne arrivò alla concettualizzazione dell'attuale psicanalisi. Da tali studi postulò che, alla base dei sintomi tipici delle nevrosi c'era un conflitto e non una problematica di tipo organico che operava al di là della coscienza del soggetto e che era guidata da forze inconsce. Da questa scoperta nacque dunque la psicanalisi che significa letteralmente, analisi dell'inconscio. 

Freud è riuscito nell'arduo compito di esplorare l'abisso della mente inconscia portandone alla luce anche gli angoli più oscuri mettendo in crisi le certezze occidentali riguardo la mente ideate fino a quel momento. 

Dr. Pierluigi Ricci - Psicologo e Neuropsicologo Clinico

21 aprile 2024

Autismo: livelli di funzionamento

I Disturbi dello Spettro Autistico rappresentano una condizione multisfaccettata e questo implica che ci siano diversi livelli di autismo caratterizzati da bisogni ed esigenze differenti.

Quando si parla di autismo si fa riferimento ad un disturbo pervasivo del neurosviluppo i quali sintomi si manifestano già dai primissimi mesi di vita. Gli interventi per ridurre i sintomi dell'autismo sono fondamentali affinché gli autistici possano vivere come parte della società.

Non esiste una sola forma di autismo che sia uguale per tutti. Infatti, si parla di spettro che indica proprio la vasta gamma di costellazioni diverse che possono caratterizzare le persone autistiche. A seconda della gravità o del livello di autismo, la persona, può avere bisogno o meno di assistenza e terapia. 

Le caratteristiche delle persone autistiche sono: 

- Deficit nella comunicazione e nella reciprocità sociale; 

- Comportamenti ristretti e ripetitivi.

La cosa importante nell'autismo è la diagnosi precoce per permettere agli specialisti (Psicologi e Neuropsicologi esperti di Autismo) di individuare la giusta terapia da erogare valutando la modalità migliore per aiutare i pazienti e le loro famiglie. 

Attualmente esiste una classificazione messa a punto dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali che individua 3 diversi livelli di autismo basati su tre assunti fondamentali: bisogno di supporto, grado di difficoltà comunicativa e presenza di comportamenti ripetitivi. 

Autismo di Livello 1: tipologia di disturbo lieve che richiede supporto nello scambio sociale e nella flessibilità comportamentale.

Autismo di Livello 2: tipologia di disturbo moderato che richiede supporto sostanziale a diversi livelli di funzionamento della persona.

Autismo di Livello 3: questa è la tipologia di disturbo più grave che determina la necessità, per la persona autistica e per la sua famiglia, di un supporto quotidiano molto sostanziale, quasi totale, in più aree di funzionamento. 

Di fondamentale importanza è capire che l'autismo è una condizione permanente, ovvero non esiste una cura o un trattamento in grado di eliminarne i sintomi e le difficoltà. Tuttavia, si possono trarre molteplici benefici nell'adozione di interventi e strategie che riducono le difficoltà e massimizzano i punti di forza dei bambini/ragazzi autistici. Ovvio che la probabilità di successo degli interventi è tanto maggiore quanto maggiore è il livello di autismo in cui ci si trova. Inoltre, la tempestività dell'intervento quanto più è precoce tanto più sarà efficace e maggiori saranno i miglioramenti. 

Dr. Pierluigi Ricci - Psicologo e Neuropsicologo Clinico - Esperto di Autismo   

16 marzo 2024

Creatività e Neuroscienze

Cos'è la creatività? 

Con tale termine si fa riferimento ad un processo psichico dal quale scaturisce qualcosa di nuovo. La creatività può essere riferita a qualsiasi ambito come ad esempio, la pittura, la scrittura o la musica. 


Nel corso della storia ci sono stati molteplici studi sulla creatività ma solo di recente si è giunti ad evidenze condivise dagli scienziati. Infatti, l'idea principale e maggiormente condivisa riguarda gli elementi cardine di questa abilità. Per essere creativi è necessario che siano presenti due componenti centrali che caratterizzano il processo mentale creativo. Il primo riguarda la creazione di un'idea nuova ed originale. Il secondo riguarda la valutazione positiva dell'idea nel momento in cui questa viene confrontata con quelle già esistenti. 

Attraverso rilevazioni effettuate con Risonanza Magnetica funzionale si è visto che questi due processi psichici di creazione/immaginazione e valutazione, attivazione differenti aree cerebrali come l'ippocampo, il DMN (Default Mode Network) e la corteccia frontale rispettivamente nel primo e nel secondo processo. 

La creatività non dipende quindi da una sola area cerebrale ma dal lavoro congiunto di differenti reti cerebrali. Il cervello è composto da due emisferi che comunicano tra loro in ogni processo psichico. Durante il processo creativo sembra venire meno il potenziale inibitorio dell'emisfero sinistro che è legato ad un pensiero più rigido, matematico ed analitico. Questo fa si che la connessione tra la corteccia prefrontale destra e quella sinistra sia cruciale nella produzione di un qualcosa di nuovo, di originale e quindi di creativo. 

Nel processo creativo i lobi frontali sono i responsabili della ricerca e del rilevamento delle novità, fondamentali quindi per la creatività. Alcuni studi hanno evidenziato che l'intuizione creativa è l'apoteosi di molteplici stati cerebrali che scaturiscono da differenti aree del cervello. In particolare, le Neuroscienze hanno individuato 3 network cerebrali implicate nel processo creativo. 

- Il Default Mode Network: è il circuito cerebrale legato alla riflessione. 

- L'Executive Control Network: circuito che si attiva quando bisogna concentrarsi su uno specifico compito.

- Il Salience Network: circuito cerebrale responsabile del passaggio di informazioni tra i network precedenti.

Ci sono diversi modi per coltivare la abilità creativa come la gradevolezza dell'ambiente e delle persone che ci circondano, le esperienze stimolanti o il vedere le cose da una prospettiva diversa. 

Un modo per favorire il processo creativo è il lasciar vagare la mente. Lo Psicologo Schooler sostiene che nei momenti di distrazione, quando le persone lasciano vagare la mente, è proprio lì che si favoriscono nuove idee e l'unione di idee precedenti ed idee nuove mostrando connessioni tra che prima erano sembrate inopportune o irrilevanti. 

A tal proposito, è stato proprio Freud a suggerire che la maggior parte della nostra vita psichica è inconscia. Infatti, la teoria di Schooler mostra proprio che i processi mentali inconsci sono fondamentali per fare in modo che nascano nuove idee e incoraggiare e sostenere il processo creativo. 

Dr. Pierluigi Ricci - Psicologo 


04 gennaio 2024

Comunicazione Aumentativa Alternativa

La Comunicazione Aumentativa Alternativa CAA indica quell'insieme di tecniche e strumenti tecnologici che facilitano la comunicazione negli individui che presentano difficoltà nell'utilizzo del canale comunicativo convenzionale, il linguaggio verbale e/o scritto. L'aggettivo "aumentativa" indica che la modalità di comunicazione utilizzata ha l'obiettivo di accrescere la comunicazione naturale e non a sostituirla o inibirla. Il termine "Alternativa" invece, sta ad indicare che la essa utilizza una modalità comunicativa appunto alternativa rispetto al linguaggio naturale. 


Si può dire che la CAA sostiene la comprensione, il pensiero e la relazione tra chi comunica il messaggio e chi lo riceve. Ragion per cui, l'obiettivo di ogni intervento deve essere l'espansione delle capacità di comunicazione.

La Comunicazione Aumentativa Alternativa rappresenta una branca della Psicologia Clinica che si pone l'obiettivo di compensare la disabilità temporanea o permanente di tutti quegli individui che hanno un disturbo del linguaggio sia espressivo che ricettivo, attraverso il potenziamento delle abilità residue, la valorizzazione delle modalità comunicative naturali e l'uso di modalità alternative speciali. 

Per ciò che concerne l'importanza delle strategie di Comunicazione Aumentativa Alternativa esse sono indispensabili ad esempio per la ricerca di modalità comunicative funzionali per l'espressione del Si e del No o per il consolidamento di gesti personali simbolici che non possono essere compresi da nessuno tranne che dai Caregiver (coloro che si prendono cura). A questo punto, è evidente come l'identificazione di un sistema comunicativo preesistente sia utile per costruire nuove competenze comunicative a partire da abilità residue. Inoltre, in fase di valutazione pre-intervento possono essere effettuate delle prove attraverso l'uso di differenti ausili per la comunicazione appartenenti alla categoria delle Tecnologie Assistive che hanno lo scopo di migliorare la possibilità di comunicazione in coloro che non possono più farlo tramite il linguaggio naturale. Per riuscirci, la priorità è la valutazione dei bisogni e degli ambienti di vita. 

Un esempio di ausilio è noto come VOCA (Vocal Output Communication Aids) dotato di un'uscita in voce e di semplice utilizzo. Questo ausilio supporta la comunicazione e favorisce le interazioni sociali, rendendole altamente motivanti, frequenti e prolungate. Può essere utilizzato da individui che hanno capacità motorie, cognitive e linguistiche limitate.

La Comunicazione Aumentativa Alternativa non si costituisce dall'esercizio. La base di questo approccio è da ricercarsi nell'offerta di reali esperienze comunicative a coloro che non possono utilizzare il linguaggio naturale per comunicare. Una strategia utile a ciò, può essere la proposta di fare scelte di stimoli differenti in situazioni di vita reale. La scelta fornisce l'opportunità di interagire con l'ambiente e di formarsi un'identità. Per questo motivo, il fondamentale ruolo delle opportunità viene riconosciuto nel normale sviluppo della comunicazione naturale. 

Dr. Pierluigi Ricci - Psicologo     


04 settembre 2023

L'energia della mente è l'essenza della vita

Nella vita di ognuno di noi spesso ci sono momenti in cui ci sentiamo completamente scarichi, come se la potenza emotiva che alimenta la psiche fosse ormai esaurita. Tutto questo può essere il risultato di periodi di stress intensi, problematiche serie o aderenza alla routine eccessiva ci appiattisce emotivamente. Proprio in questi periodi si annidano la spossatezza, l'esaurimento, la disperazione, la noia e astenia. Ma se facciamo attenzione alla nostra mente e ai segnali che ci manda possiamo evitare di raggiungere il punto di rottura. 


Esistono differenti tipi di energia che alimentano la potenza emotiva e che è necessario mantenere a livelli adeguatamente alti per garantire l'equilibrio psicofisico. 

Primo tipo di energia emotiva: la potenza emotiva è vita ed è la vita della nostra psiche. Quando ci sentiamo felici, sentiamo anche di poter conquistare il mondo e affrontare i problemi a muso duro. Al contrario, quando siamo tristi ci sentiamo paralizzati e avvertiamo qualsiasi cosa come un ostacolo. Una frase che amo molto e che esprime la potenza emotiva è la seguente: 

"Trova un posto dentro di te dove ci sia gioia e questa gioia brucerà il dolore" (J. Campbell).

Coltivando emozioni positive attraverso la pianificazione di attività gratificanti, che ci fanno sentire bene e realizzati possiamo dare carica positiva alla potenza emotiva e ripristinare l'equilibrio. Il combattimento contro le emozioni negative o spiacevoli non serve a nulla se non ha perdere energie positive preziose. Invece, imparare ad accettare le emozioni negative e lasciarle andare sarà utile a dargli un senso. Molti studi, infatti dimostrano che conoscere le emozioni ne mitigherà l'impatto negativo sulle nostre vite. 

Secondo tipo di energia emotiva: come affermò B. Franklin "L'energia della mente è l'essenza della vita". La vita mentale e quindi i nostri pensieri non sono gratuiti, ma essi consumano preziose energie. Studi presenti in letteratura scientifica dimostrano che la preoccupazione consuma energia tanto quanto lo svolgimento di due compiti contemporaneamente. Nonostante questo dato così estremamente importante, di rado notiamo come i pensieri, le preoccupazioni, le emozioni negative e le idee catastrofiche sottraggono così tanta energia. Quindi, è estremamente vitale concentrare le proprie risorse ed energie mentali su un solo compito alla volta e alternare periodi di lavoro e periodi di riposo evitando di raggiungere il punto di rottura e quindi la paralisi mentale. 

Terzo tipo di energia emotiva: l'energia spirituale (il senso della vita, l'allineamento di ciò che sei con ciò che fai) ci dà una fortissima spinta all'azione, attiva il desiderio, alimenta la speranza e l'entusiasmo di andare avanti e perseguire i propri sogni. Il senso della vita e dei propri valori alimentano la potenza emotiva. 

Una frase per farvi riflettere! "La tragedia dell'uomo moderno non è che egli sa sempre meno sul senso della propria vita, ma piuttosto che se ne preoccupa sempre di meno" (Havel). 

Trovare la propria strada non sempre è facile e richiede l'impiego di molte energie, soprattutto quelle emotive. Fondamentale è trovare la propria essenza ed esprimila. 

Quindi, trova chi sei e dagli spazio! 

Dr. Pierluigi Ricci - Psicologo

25 maggio 2023

L'arte come terapia

L'arte è esperienza sensoriale in quanto coinvolge sensazioni visive, acustiche, tattili, olfattive, percezione ed organizzazione dello spazio attraverso la messa in campo di molteplici processi cognitivi ed emozionali. 

L'obiettivo dell'arte come terapia in psicologia è la lettura dell'anima dell'opera nel suoi insieme di elementi di espressività ed immaginazione. L'arte permette di "andare oltre", di dare significato al significante (l'opera d'arte nel suo insieme) e quindi costruire una comunicazione intrisa di significati profondi e nascosti attraverso la percezione emotiva. 

Neuropsicobenessereblog-arteterapia

"Creando potevo guarire, creando ritrovavo la salute." (Kierkegaard)

La chiave dell'arte terapia in cosa consiste? 

La chiave è da ricercarsi nel potere delle immagini, che al contrario delle parole che possono nascondere, mentire o dimenticare, esse sono pure, autentiche ed immediate in quanto partono dal profondo ed è più facile esprimerle dato che non innalzano muri difensivi. 

L'arte quindi si trasforma in terapia nel momento in cui viene adoperata con consapevolezza come uno "strumento attraverso cui...", uno strumento che agisce attivamente sulla psiche dell'individuo guidato da regole prestabilite e ben precise con l'obiettivo finale di ripristinare l'equilibrio perduto. Detto ciò, è evidente come, attraverso l'arte, si favoriscano lo sviluppo e la crescita psichica. L'individuo viene guidato dallo Psicologo nell'elaborazione ed estrazione dei contenuti del proprio mondo interno e conseguentemente elabora ciò che è emerso. In questo modo, l'espressione dei contenuti psichici emersi si traduce in una rappresentazione simbolica del nostro mondo interno e degli atteggiamenti e comportamenti che mettiamo in atto nella quotidianità. 

Ma per fare arteterapia bisogna essere dei pittori provetti? 

Assolutamente no!! Non è richiesta alcuna preparazione artistica in quanto bisogna stimolare un processo creativo e non sottoporsi ad un'interrogazione alla lavagna. 

Quali sono i benefici dell'arteterapia per il ripristino del benessere psicologico? 

Ne vediamo qui alcuni tra i più importanti.

- Promozione dell'ordine e dell'armonia;

- Stimola il potenziale creativo; 

- Dà significato alla realtà psichica e al mondo esterno attraverso simboli, immagini e metafore; 

- Crea un ponte tra il vissuto soggettivo e la realtà oggettiva; 

- Genera catarsi; 

- Favorisce la chiarificazione emotiva; 

- Riduce stress, ansia e depressione;

- Protegge dalle psicosi. 

Il lavoro terapeutico riguarda la ricerca di associazioni tra le scelte creative e la vita psichica dell'individuo. L'opera viene concepita in un'ottica di risveglio di ricordi e storie, o il racconto di queste, che hanno il potere di svelare messaggi inconsci o come un modo immediato di comunicare per chi non può farlo in maniera convenzionale, come ad esempio gli individui autistici. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo


16 aprile 2023

Benessere Psicologico

Che cos'è il benessere psicologico

In occasione della settimana dedicata al benessere psicologico, oggi vedremo insieme di cosa si tratta e le strategie per mantenere nel tempo un adeguato livello di ben-essere. 


Il termine benessere psicologico può essere considerato un termine ombrello articolato e complesso. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il benessere psicologico come una condizione in cui "l'individuo è in grado di sfruttare le sue capacità emotive e cognitive, esercitare la propria funzione nella società, rispondere alle esigenze quotidiane della propria vita, stabilire relazioni soddisfacenti e mature, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell'ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni". 

Da tale definizione è facile intuire come il termine di cui sopra riguardi un equilibrio tra la persona, i suoi bisogni e le risorse mentali, quindi la sfera personale e razionale che può essere impiegata per raggiungere obiettivi e fronteggiare le difficoltà, la capacità di relazionarsi con se stesso e con gli altri e la possibilità di adattarsi alle sfide della vita quotidiana per promuovere lo stato di benessere mentale.  

Nel corso degli anni, la letteratura ha proposto diverse teorie e modelli nel tentativo di spiegare questo costrutto. Sono state individuate due prospettive differenti: la prima, è quella puramente edonistica, secondo la quale il benessere è associato alla felicità e che quindi esso coincida esclusivamente con la percezione di sensazioni ed emozioni positive; la seconda prospettiva, quella eudaimonica invece, sostiene che il benessere psicologico possa essere raggiunto attraverso una conoscenza di sé autentica. 

Carol Ryff sostiene che la felicità non è tutto nella vita e che la struttura sottostante al benessere è molto più complessa del semplice concetto di felicità e anche di quanto si possa evincere dalla letteratura esistente riguardo a questo argomento. Secondo Ryff, il benessere si configura come un processo dinamico e multidimensionale costituito da elementi specifici che inquadrano le dimensioni fondamentali del benessere dell'individuo. 

Quali sono quindi queste dimensioni? 

- Autoaccettazione; 

- Autonomia; 

- Controllo del mondo esterno; 

- Relazioni positive con gli altri; 

- Conoscenza di Sé; 

- Crescita personale; 

- Scopo nella vita.

Risulta di fondamentale importanza, nel momento in cui ci si trova in un momento di malessere, prendersi del tempo per riflettere su sé stessi, su quali siano i propri bisogni reali, i propri obiettivi e scopi di vita e le difficoltà principali che precludano il loro raggiungimento. Inoltre, è indispensabile riflettere sulle proprie risorse mentali e sulle life skills o a abilità per la vita che è necessario assimilare e potenziare per affrontare le diverse situazioni problematiche che possono essere incontrare nella vita di tutti i giorni. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

 

30 gennaio 2023

Il Fitness Cognitivo-Emotivo

Cos'è il fitness cognitivo-emotivo

Con tale termine si fa riferimento alla convinzione di allenare la mente progressivamente e quotidianamente al fine di aumentare l'autoefficacia e di conseguenza l'autostima. Una buona pratica regolare, in principio non necessariamente intensiva, previene il disagio psicologico attraverso l'allenamento per il miglioramento e la massimizzazione delle risorse cognitivo-emotive dell'individuo. 

Le fondamenta di questo innovativo intervento psicologico si basano sulla promozione e sulla gestione delle proprie risorse cognitive ed emotive nel fronteggiare eventuali problematiche. 

I fattori essenziali del fitness cognitivo-emotivo sono: 

- la soddisfazione per il presente, che fa emergere quali sono gli aspetti più importanti della vita grazie all'analisi delle esperienze e della loro valorizzazione; 

- il potenziamento dell'autostima, che rende possibile la valutazione di sé stessi e delle proprie capacità attraverso un buon livello di autoefficacia; 

- il miglioramento della responsabilità, ovvero l'abilità di rispondere nella maniera più ottimale alle cose nel momento stesso in cui succedono, perché dopo potrebbe essere troppo tardi. L'abilità di rispondere efficacemente agli stimoli e agli eventi consiste nell'agire con fermezza e precisione nel preciso momento in cui c'è bisogno di agire.

Ogni scelta, anche quella più semplice o quella più istintiva, presuppone l'espressione delle proprie capacità cognitivo-emotive che sono la base del proprio patrimonio di risorse mentali, prodotto delle esperienze di vita. 

Il fitness cognitivo-emotivo richiede training completi e continuativi che garantiscono la realizzazione del "Progetto di Vita" di ogni individuo. 

I punti chiave di un buon training sono: 

- l'individuazione: ossia, individuare lo scopo di vita, rispondendo alla domanda "dove voglio andare?"; 

-il potenziamento: focalizzarsi sulle conoscenze dello scopo di vita, rispondendo alla domanda "quali informazioni ancora devo apprendere?";

- la verifica: vagliare tutte eventuali le possibilità che ci sono per raggiungere lo scopo di vita, rispondendo alla domanda "quanti e quali modi ci sono?"; 

- la creatività: trovare modi alternativi ed innovativi per la realizzazione dello scopo di vita;

- l'identificazione: identificare, tra le possibilità esaminate, qual è il sentiero giusto da percorrere, rispondendo appunto, alla domanda "quale sentiero è il più giusto da percorrere?"; 

- l'azione: passare all'azione abbandonando l'inerzia, ovvero agire in maniera risoluta, determinata e consapevole per realizzare il "Progetto di Vita", rispondendo alla domanda "ora sono pronto?". 

Tutti questo elementi, insieme, concorrono nel processo di massimizzazione delle nostre risorse cognitivo-emotive, nonché della flessibilità, dell'elasticità e dell'efficienze cerebrale migliorando il benessere psicologico.  

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo




11 gennaio 2023

Realtà Virtuale VR e Realtà Aumentata AR in Psicologia

Cos'è la Realtà Virtuale VR? 

Essa consiste in un insieme di ausili tecnologici costituiti da fattori di tipo esperenziale, tecnologico e psicologico. La VR consente di simulare una situazione reale con la quale è possibile interagire attraverso occhiali, visori, caschi o guanti al fine di dare l'impressione al soggetto di trovarsi realmente immerso nella situazione simulata. Infatti, attraverso questa innovazione tecnologica è possibile vedere, toccare e manipolare degli oggetti virtuali o ad esempio parlare con persone che non sono presenti fisicamente. 

Cos'è la Realtà Aumentata AR?

Diversamente dalla VR, la AR permette di aggiungere informazioni a quello che è già realmente presente su un display di un dispositivo mobile per aggiungere un nuovo livello alla comunicazione. Tale aggiunta di informazioni è possibile grazie a dispositivi quali, occhiali intelligenti, riviste interattive o quadri che prendono vita. 

Realtà-Virtuale-VR-Realtà-Aumentata-AR-Neuropsicobenessereblog


Con la VR il soggetto viene completamente catapultato in situazioni nuove o ambientazioni alternative facendone esperienza in prima persona, mentre con la AR il soggetto sperimenta un potenziamento percettivo-sensoriale della realtà. 

Esistono diversi tipi di esperienza che è possibile vivere con la VR e la AR.

1 - Immersiva: i soggetti si trovano totalmente immersi in una particolare situazione attraverso i canali sensoriali percettivi, tattili, visivi ed uditivi. Questo tipo di esperienza è la più avvincente, in quanto i soggetti sono dotati di dispositivi di movimenti, tattili, visivi e sonori che permettono di vivere esperienze di visualizzazione virtuale. 

2 - Semi-immersia: questo tipo di esperienza avviene all'interno di apposite stanze dotate di schermi di retro-proiezione che riproducono immagini da un computer e le proiettano sulle pareti circostanti. 

3 - Non immersiva: in questo caso l'esperienza avviene tramite un monitor che costituisce una sorta di finestra tramite la quale il soggetto può fare esperienza della realtà in 3D. 

Vari studi evidenziano l'importanza e l'innovazione di questo tipo di strumenti tecnologici all'interno della cura dei disturbi psicologici. Ad esempio, lo Psicologo Lazzeri sostiene che la Virtual Reality Exposure Therapy (VRET) ha mostrato la sua efficacia su tematiche relative a stimoli paurosi stressanti, facendone esperienza in un ambiente controllato e sicuro (seduta psicologica) in cui le reazioni emotive e psicologiche dei soggetti possono essere controllate dallo Psicologo. 

La Realtà Virtuale VR e la Realtà Aumentata AR in Psicologia.

L'uso della Realtà Virtuale e di quella Aumentata si è dimostrato particolarmente efficace nel trattamento di differenti disturbi psicologici, quali: 

- Disturbi d'Ansia; 

- Stress; 

- Fobie; 

- Disturbi del comportamento alimentare (DCA); 

- Disturbo post traumatico da stress (PTSD); 

- Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC); 

- Disregolazione emotiva; 

- Traumi; 

- Depressione; 

- Problemi sessuali;

- Apprendimento di strategie di coping (estremamente utili per la gestione di situazioni stressanti);

- Schizofrenia; 

- Sintomi psicotici. 

Per questa ragione, la VR e la AR consentono di utilizzare le esperienze virtuali esperite dai soggetti per valutare, indagare e trattare tali disturbi. Ad esempio, nel trattamento delle fobie, il soggetto viene gradualmente esposto dinnanzi alle proprie paure testando gli stimoli che percepisce come minacciosi riducendone a mano a mano l'intensità suscitata. Uno dei vantaggi della VR e della AR consiste nel fatto che, essa crea nella mente del soggetto, un forte senso di presenta che sprona, motiva e induce ad elaborare cognitivamente le esperienze vissute attraverso questa modalità innovativa in maniera più accurata e approfondita. Inoltre, la Realtà Virtuale possiede solide basi scientifiche che dimostrano la sua efficacia non solo nella cura della sofferenza psicologica, ma anche in termini di prevenzione, aumentando il benessere psicofisico della popolazione mondiale. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo





03 gennaio 2023

Una Guida per i Buoni Propositi del Nuovo Anno

Buoni propositi per il Nuovo Anno 2024.

Secondo gli psicologi la metà di noi, alla fine dell'anno, stila un elenco di ciò che vorrebbe cambiare. Alcuni studi, però, mostrano che intorno a giugno 6 soggetti su 10 hanno già mollato.

Tuttavia, se affrontati nel modo giusto, i buoni propositi possono davvero aiutarci a migliorare. L'inizio di un nuovo anno è un buon momento per porsi nuovi obiettivi. 

Ma come possono essere raggiunti? 

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Vediamo ora alcuni passi per raggiungere un buon proposito.

1. Determinazione: Innanzitutto, è bene farsi un esame di coscienza ed operare un esame di realtà, con l'obiettivo di comprendere quali sono i cambiamenti più importanti da compiere. Molte volte succede che ci poniamo obiettivi che gli altri considerano rilevanti, ma che in realtà non lo sono per noi. Questa spinta sociale, che arriva dall'esterno, è però destinata ad estinguersi in un batter d'occhio e non ci sostiene nei momenti di impegno e difficoltà che dobbiamo affrontare quando abbiamo il desiderio di attuare un cambiamento.

2. Realismo: è fondamentale essere realistici (ma non esageratamente!). Non si possono perdere 20kg,  né trovare l'anima gemella da un giorno all'altro. Il rischio è quello di essere vittime della sindrome della falsa speranza, ovvero un circolo vizioso fatto di propositi, fallimenti e nuovi sforzi, con l'obiettivo di cambiare se stessi. Invece, è fondamentale individuare gli obiettivi SMART, specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e basati sul tempo. 

3. Precisione:  Inoltre, per raggiungerli occorre essere molto precisi. Non è sufficiente affermare che "affronterò la vita con più motivazione"! Bisogna vincolarsi con la formazione di un programma ben strutturato, con giorni e orari ben definiti. A tal proposito, uno studio ha evidenziato che, la programmazione dettagliata delle azioni da intraprendere per realizzare buoni propositi moltiplica per 10 le probabilità di essere ancora concentrati su quell'obiettivo 6 mesi dopo essersi posti uno specifico obiettivo.

4. Fisiologia delle tentazioni: studi di neurofisiologia, lo confermano. Quando cerchiamo di resistere alla blandizia del cibo, di una sigaretta, deve entrare in azione la capacità di ritardare una gratificazione immediata per raggiungere una ricompensa futura più grande. L'ippocampo gioco un ruolo importante in questo meccanismo.

 5. Evitare le tentazioni: è estremamente importante prestare  grande cura nell'eliminare le tentazioni. Il problema non è legato al momento di "debolezza", ma al fatto che, se vengono assecondate continuamente, le tentazioni si tramutano in vere e proprie ossessioni e conseguentemente in abitudini tossiche. Spesso le tentazioni sono legate al desiderio di qualcosa che non è sano, appagando il proprio desiderio nell'immediato senza tener conto delle conseguenze. Senza contare che cedere alla tentazione può suscitare insoddisfazione, tristezza e colpa.

6. Una lezione che arriva dallo sport (esperienza che ho provato in prima persona essendo stato un atleta agonista). Alcune volte potremmo non riuscire però a far prevalere il ragionamento, per cui sarà la gratificazione immediata ad avere la meglio. A tal punto è importante evitare l'errore di considerare una singola o sporadica caduta come la prova della propria incapacità. Ciò equivale a mettere una x definitiva sul buon proposito. Tuttavia, è possibile trasformare un obiettivo a lungo termine in una ricompensa quotidiana a breve termine. Questo è il caso dello sport che, anche a piccole dosi produce emozioni positive, che spingono a non arrendersi mai. Le neuroscienze cognitive hanno dimostrato che lo sport aumenta notevolmente la determinazione (provare per credere!).

Una regola d'oro da non dimenticare è che premiarsi inizialmente per aver raggiunto un buon proposito non basta, in quanto i premi sono degli stimoli esterni e non hanno un reale effetto in termini di determinazione e/o motivazione. Ciò che è veramente importante è crederci. La convinzione interna di poter cambiare, definita in psicologia "senso di autoefficacia", è determinante per mantenere i propri propositi.

Raggiungere i buoni propositi non è solo una questione di forza di volontà, ma è il risultato di una programmazione dettagliata. Solo muovendoci su questa strada alla fine saremo in grado di stabilire i nostri buoni propositi per il nuovo anno in modo realistico, concreto e sostenibile.

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

13 agosto 2022

IL FENOMENO DELLA FARFALLA IN FIAMME

Quando parliamo del fenomeno della farfalla in fiamme, ci stiamo riferendo ad una metafora che ci parla della dipendenza affettiva e di come spesso siamo attratti da ciò che ci ferisce e temiamo ciò che invece può liberarci. 

Spesso nella vita può capitare di dover affrontare situazioni che ci causano notevole disagio e di sentirci completamente incapaci di reagire e liberarci dalle catene di una situazione opprimente. 

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“Psiche”, anima in greco, significa anche “farfalla”. Nasciamo con un bruco di anima, il nostro lavoro è dargli ali e volo.

(Alejandro Jodorowsky)


In riferimento al fenomeno della farfalla in fiamme, la paura più profonda è l'abbandono. Per questa ragione tendiamo a mettere da parte noi stessi incatenandoci in situazioni altamente tossiche. 

Ma andiamo nello specifico! 

Lo Psicologo Solà, parlando del fenomeno della farfalla in fiamme, descrive dei comportamenti serpeggianti che ci portano a ripetere delle situazioni che ci portano al disagio e all'oppressione. Gli studi di Solà evidenziano l'importanza del lavoro interiore per coltivare delle relazioni più sane. 

Perché viene definito proprio fenomeno della farfalla in fiamme? 

Le farfalle sono esseri fortemente attratti dalla luce emessa da una fiamma, ma più si avvicinano, più il loro disagio e la loro sofferenza aumentano. Nonostante ciò, esse non cessano di vedere la fiamma come uno stimolo attraente. 

Ma qual è la conseguenza di questo fenomeno? 

La distruzione dell'autostima è uno dei primi "tessuti" che la fiamma inizia a bruciare causando la perdita del controllo emotivo e del senso della realtà. 

Come fare per non rimanere bruciati e continuare ad essere una farfalla che vola libera nella calma, nella luce e nella tranquillità? 

- L'autostima: riconoscendo il nostro valore interiore diventa più semplice reagire e oltrepassare gli ostacoli della vita. 

- Una visione olistica: assumere una prospettiva chiara della situazione mettendosi anche nei panni dell'altro. 

- Valorizzare la conoscenza di sé: conoscere se stessi sarà fondamentale per cogliere i nostri comportamenti disfunzionali e per capire come mai abbiamo la tentazione di seguirli anche quando ci distruggono. 

- Bandire l'idealizzazione: spesso l'altro viene visto come la personificazione della perfezione. Ma la realtà risulta ben diversa. 

- Alimentare e curare il rapporto con sé stessi.

Riconoscere tale fenomeno ha molteplici vantaggi: 

- Incoraggiare il fluire delle cose, della vita. 

- Ricostruzione della propria emotività. 

- Riconoscimento dei propri ed altrui limiti. 

- Migliorare l'empatia. 

- Liberarsi dei problemi attraverso il perdono di sé stessi. 

- Trovare un senso per la propria vita e il proprio ruolo nel mondo. 

Il fenomeno della farfalla in fiamme è in grado di intrappolarci in un vortice di comportamenti disfunzionali facendoci stagnare in una situazione colma di disagio e sofferenza. La profonda conoscenza di sé, una buona autostima.

Dott. Pierluigi Ricci - Ricci

23 maggio 2022

L'Intelligenza Emotiva

Cosa si intende per Intelligenza Emotiva?

Secondo Goleman, l'Intelligenza Emotiva è la capacità di riconoscere le nostre ed altrui emozioni, di motivare noi stessi e di gestire costruttivamente i nostri sentimenti sia a livello personale sia a livello interpersonale. 

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Possiamo sostenere che, le emozioni sono dei dati preziosissimi che ci guidano verso una visione olistica, più chiara della nostra vita emotiva. 

Che tipo di dati sono? Sono dati basati sulla nostra personale percezione del mondo e del nostro personale essere nel mondo. Nel momento in cui cessiamo di combattere contro le emozioni o di ignorarle, conquistiamo una risorsa dal valore inestimabile. La profonda conoscenza di noi stessi configura l'aprirsi a questi dati e ciò ci consente di utilizzarli per scegliere la strada che vogliamo intraprendere, l'obiettivo che vogliamo raggiungere. 

Quali sono le caratteristiche che una persona dotata di Intelligenza Emotiva deve possedere? Ecco le caratteristiche fondamentali: 

- la consapevolezza di sé: consiste nel conoscere le proprie emozioni ed esprimerle in maniera assertiva aumentando la propria fiducia in se stessi avvicinandosi sempre di più al proprio obiettivo;

- l'empatia: l'abilità di riconoscere le emozioni degli altri e la capacità di assumere la prospettiva emotiva dell'altro; 

- la gestione di sé: la capacità di riuscire a dominare le emozioni forti con l'obiettivo di tradurle in obiettivi concreti e costruttivi; 

-la motivazione: l'attitudine di guidare se stessi verso la realizzazione dei propri obiettivi trasformandosi in artefici del proprio processo di cambiamento positivo; 

- utilizzare le emozioni per pensare più fluidamente; la capacità di pensare più fluidamente e saper risolvere i problemi in situazioni nuove senza tener conto delle informazioni già acquisite dalle esperienze passate; 

- le attitudini sociali: l'attitudine a leggere efficacemente le situazioni sociali in modo da realizzare le interazioni interpersonali con efficacie ed autorevolezza, gestire i conflitti e risolvere le problematiche comunicative all'interno delle relazioni sociali.

Gestire le proprie ed altrui emozioni è fondamentale per raggiungere i grandi obiettivi della vita.

Riconoscere le emozioni non come scissione binaria, ovvero come buone o cattive, ma come fonte di informazione utile al fine di aumentare l'autoconsapevolezza.  

Tutto ciò è meraviglioso vero? Molti pensano che questa abilità sia innata. Ma la buona notizia è che l'intelligenza emotiva può essere acquisita o migliorata. Essa racchiude una rosa di capacità che possono essere esercitate per raggiungere un buon livello di questa meravigliosa abilità. La consapevolezza e la gestione di sè, l'empatia, la motivazione, il pensiero fluido e le attitudini sociali sono tutte abilità che ogni individuo può sviluppare. Ognuna di esse è relata al nostro benessere psicologico! Per questo motivo vanno considerate come risorse per la nostra salute mentale, che possono essere sempre potenziate e migliorate! 


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

23 febbraio 2022

I 10+1 modi per aumentare l'autostima.

Hai un livello basso di autostima e hai il desiderio di sormontare gli ostacoli che la vita ti pone davanti? Vuoi diventare una persona più sicura di sé e più consapevole del proprio valore? In questo articolo vedremo cos'è l'autostima e in che modo è possibile aumentarla.

Vediamo prima cos'è l'autostima

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Per autostima si intende quell'insieme di giudizi valutativi che una persona dà di se stessa (Battistelli, 1994). 

Perché è importante possedere un buon livello di autostima?

L'autostima è indispensabile per raggiungere un livello motivazionale adeguato al fine di riuscire nella vita, raggiungere i propri obiettivi e avere consapevolezza di se stessi e del proprio valore. Lo psicologo Maslow ha sostenuto l'idea che per le persone sia indispensabile avere un'adeguata stima nel confronti della propria persona e al contempo ricevere la stima del prossimo. Secondo Maslow, è necessaria la soddisfazione di tali bisogni affinché sia possibile raggiungere l'autorealizzazione (principio secondo cui ogni individui ha lo scopo di individuare, sviluppare e realizzare le sue potenzialità).

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Ecco alcuni esercizi psicologici che sono estremamente utili nell'accrescimento della sicurezza in se stessi, nelle proprie capacità e nel proprio valore. 

1- Riconoscere consapevolmente i propri punti di forza e di debolezza: è fondamentale conoscere bene i propri punti di forza e debolezza; essi costituiscono la nostra natura, la nostra unicità. Conoscerli consapevolmente è utile per valorizzarli al meglio sfidando le difficoltà che ci troviamo ad affrontare nella vita. 

2 - Evitare il perfezionismo: per migliorare drasticamente l'autostima è importante rinunciare ad ideali di perfezione illusoria che esistono solo nella nostra mente o in quella altrui. E' necessario saper accettare i propri difetti che fanno parte di ogni individuo dal momento che la perfezione non esiste.

3- Concentrarsi sulle cose che è possibile cambiare. Ciò che è stato è stato! Abbiamo potere sul presente ed è su di esso che possiamo agire per raggiungere un cambiamento positivo che migliori l'autostima. 

4- Dialogo interno: spegnere la vocina negativa che sentiamo nella testa (il nostro dialogo interno) che condiziona le nostre vite, cosa pensiamo di noi stessi e delle nostre capacità. Da ogni errore scaturisce una lezione. Quindi, dimentica l'errore e ricorda la lezione!

5- Valorizzare anche i più piccoli successi: ogni traguardo raggiunto, anche se piccolo, merita sempre di essere festeggiato. In questo modo l'autostima ne trarrà enorme beneficio.  

6- Circondarsi di persone positive ed aiutare il prossimo è sicuramente utile per innalzare la nostra autostima.

7- Aumentare la conoscenza e la consapevolezza di se stessi: scoprire o riscoprire una propria passione, qualcosa in cui si riesce bene ed efficacemente rafforza i livelli di autostima. 

8- Dare minor peso al giudizio altrui. 

9- Fare complimenti genuini agli altri: sapevate che quando giudicate le altre persone, in realtà state giudicando voi stessi? La nostra mente vede negli altri i nostri pregi e i nostri difetti e infatti, spesso ci identifichiamo con chi ha un nostro pregio o, al contrario, un nostro difetto. Vediamo gli altri come lo specchio di noi stessi e quando facciamo un complimento a qualcuno in realtà stiamo facendo i complimenti a noi stessi rispetto a quel determinato pregio.

10- Dare il proprio contributo al mondo: sentirsi parte del tutto, innalza i livelli di autostima, mette da parte i difetti e porta alla consapevolezza che essi in realtà non sono un problema, ma, al contrario, possono essere dominati, migliorati e superati. Aiutare gli altri quando si può e affrontare azioni sfidanti, rimanendo consapevoli delle proprie capacità è un modo efficace per accrescere il proprio valore e di conseguenza la propria autostima. 

Un esercizio molto efficace per aumentare la propria autostima è quello di uscire dalla propria zona di comfort. Ciò può essere fatto attraverso l'accettazione di sfide quotidiane. Per prima cosa bisogna fare un elenco di azioni che provocano disagio, che verranno identificate dalla più semplice alla più complessa. Successivamente, ogni giorno, per circa un mese si dovrà affrontare una di queste azioni sfidanti per uscire efficacemente dalla propria zona di comfort espandendo i propri orizzonti e le proprie esperienze. Una volta raggiunto l'obiettivo il proprio Sé ne uscirà rafforzato dando vita ad una persona più sicura di sé, del proprio valore e delle proprie capacità. 

Come sosteneva Walsh "La vita inizia alla fine della tua zona di comfort".  

Concludendo, il miglioramento del livello di autostima è indispensabile per raggiungere il successo sia personale che lavorativo. Raggiungere i nostri obiettivi, consapevoli del nostro valore, aumenterà il nostro benessere psico-fisico. Infine, i pilastri fondamentali per accrescere la propria autostima sono i seguenti: consapevolezza, accettazione, responsabilità, affermazione, obiettivi da raggiungere e fedeltà ai propri valori. Secondo Branden, coltivare questi aspetti accresce la sicurezza in noi stessi e nelle nostre capacità di fronteggiare la quotidianità permettendoci di restare sempre radicati nella realtà e non perdere la consapevolezza di noi stessi. 

Dott. Pierluigi Ricci - Ricci

14 febbraio 2022

Amore e relazioni affettive

Cos'è l'amore? 

A livello biologico è tutta una questione di chimica, mentre a livello psicologico dipende tutto dalla cultura di appartenenza, dal nostro vissuto personale e dall'idea che abbiamo dell'amore. 

La scienza ha dimostrato che l'amore è irrazionale. Ma come lo ha dimostrato? Attraverso l'analisi di molteplici studi di neuroscienze è emerso che la frase "amore cieco" è assolutamente vera ed ha uno suo corrispettivo con l'attività cerebrale che si verifica quando siamo innamorati. Ma andiamo nello specifico. Studiando coppie di innamorati è stato possibile rilevare come dopo aver visto il viso di un partner romantico l'attività cerebrale delle aree frontali subivano una netta diminuzione. Queste aree sono deputate anche alla capacità di giudizio. E' in ciò che si rivela l'illogicità dell'amore, in quanto si rende impossibile riconoscere i difetti dell'altro portandoci ad sorvolare su determinati comportamenti che solitamente non avremmo tollerato. Ragion per cui, nell'innamoramento, le capacità di giudizio risultano enormemente rallentate. Altro aspetto molto importante che riguarda l'innamoramento è una riduzione dell'attività di un'area cerebrale che è implicata anche nell'individuazione degli stimoli minacciosi e delle emozioni negative. Ciò avvalora in maniera ancor più forte la tesi secondo cui l'amore è una questione priva di logica e razionalità, il che non è sempre un bene dal momento che potrebbe esporci al pericolo di non riconoscere una persona che potenzialmente potrebbe farci del male. 

Ma vediamo cosa succede nel nostro cervello quando ci innamoriamo di qualcuno. 

Inizialmente, in special modo nelle prime fasi del corteggiamento, il nostro cervello rilascia elevate quantità del neurotrasmettitore della dopamina, implicato nella gratificazione, nel piacere, nella ricompensa e nella motivazione. Nelle fasi più avanzate dell'innamoramento si ha il rilascio di grandi quantità di noradrenalina e fenitilamina che sono i responsabili dell'euforia e delle "farfalle nello stomaco". Infine, si ha il rilascio di un ormone associato all'amore, ossia l'ossitocina che favorisce la realizzazione e il mantenimento dei legami romantici ed emozionali. Inoltre, l'ossitocina è anche responsabile della sensazione di "prendersi cura" che proviamo per un partner affettivo. 

Passato questo periodo di innamoramento, che può durare tra i 18 e i 30 mesi, il cervello non reagisce più come all'inizio dal momento che si è assuefatto. In questo modo la nostra capacità di giudizio razionale ritornerà a funzionare permettendoci di "vedere" realmente chi abbiamo davanti e scegliere se è la persona giusta per noi oppure no. Alla fine del processo di innamoramento, una volta deciso che il partner è quello giusto il nostro cervello inizierà a produrre endorfine che sono le responsabili dello stato di benessere psico-fisico dell'amore vero e proprio, quello puro, fondato sul rispetto dell'altro, della fiducia e dell'amore incondizionato. 

Secondo Fischer, l'amore è costituito da 3 fasi ben delineate costituite da una sequenza specifica di desiderio-amore romantico-attaccamento: 

Fase 1: desiderio, fase in cui facciamo esperienza del desiderio che ci fa provare interesse per qualcuno; 

Fase 2: amore romantico, fase in cui avviene la "cascata" neurotrasmettotoriale di cui sopra (dopamina, noradrenalina, fenitilamina e ossitocina); 

Fase 3: attaccamento, fase in cui sviluppiamo una voglia di stare sempre vicino al nostro partner e ci sentiamo felici di starci insieme. Questa è la fase in cui si concretizza l'amore vero e proprio. 

Fin qui tutto bello vero? 

Ma l'amore non è sempre tutto rose e fiori. In tal caso, si parla di amore malato e infatti, non è amore se: ci causa dolore e ci fa stare male usandoci solo per riempire un vuoto emotivo; se non ci rispetta e non ci accetta per quello che siamo e come siamo; se cerca di cambiare la nostra essenza o esercita una subdola violenza psicologica su di noi, se ci ricatta emotivamente; se ci fa sentire in colpa costantemente; o se ci fa sentire emotivamente dipendenti. Questo non è vero amore puro, ma è amore patologico. In questo caso è bene chiedere aiuto ad uno psicologo per cambiare il propio stato di sofferenza e ritrovare la felicità. 

Ricordate che l'amore scaturisce da due persone che sono già complete! L'amore non origina da due persone che sono incomplete e che hanno bisogno di completarsi a vicenda. Quante volte abbiamo sentito frasi di questo genere: "Tu mi completi" oppure "Ho bisogno di te per essere completo/a". Nulla di più sbagliato! Questo non è amore, ma è il voler riempire un vuoto, il vuoto emotivo che si trova in se stessi o nel partner romantico.  

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

19 gennaio 2022

EMOZIONI

Le Neuroscienze Cognitive hanno ampiamente confermato che la prima risposta ad uno stimolo di qualsiasi genere è quella di tipo emotivo. Quando un input giunge ai nostri sensi viene trasmesso al cervello facendo da innesco per il nostro comportamento. 

Ma che cosa sono le Emozioni? Come funzionano? Quali sono le basi neurali di un'emozione? 

Come sosteneva Goleman: "L'emotività irrompe come un trigger". Ciò significa che le emozioni vengono prima di ogni cosa e la nostra mente emotiva è molto più rapida rispetto alla nostra mente cognitiva. Infatti, molto spesso prendiamo le decisioni, anche su questioni importanti, sulla base delle nostre emozioni. Ma questo ha anche i suoi vantaggi, come ad esempio quello di farci risparmiare tempo ed energia rendendoci più pronti ed efficienti nel compiere un'azione. 

Le Emozioni possono essere definite come uno stato psicologico molto articolato costituito da una miscela di 3 elementi differenti quali: l'elemento cognitivo, la risposta fisiologica e quella comportamentale. Questi elementi sono fondamentali e sono strettamente interconnessi tra di loro a livello funzionale. L'elemento cognitivo è deputato alla valutazione dello stimolo, dandogli un nome. La risposta fisiologica serve a preparare l'organismo per fronteggiare la situazione, mentre la risposta comportamentale porta all'azione. Quest'ultima costituisce una delle funzioni fondamentali delle emozioni, ovvero produrre un'azione. In questo senso le emozioni sono molto importanti, in quanto, la loro funzione principale è adattiva. Infatti, indipendentemente dal tipo di valenza edonica, ovvero dal grado positivo o negativo dell'emozione che stiamo provando in un determinato momento della nostra vita, esse sono senza dubbio utili e possono favorire anche delle nuove opportunità preparandoci ad agire nelle situazioni importanti generando gioia e felicità. 

Capire le nostre emozioni e quelle degli altri è fondamentale per vivere al meglio, esprimere le nostre potenzialità, essere più stabili e soprattutto più felici. Non dobbiamo mai reprimere o respingere le nostre emozioni. Questo ci distruggerebbe ed aumenterebbe il nostro disagio psichico a livelli incontrollabili. 


La struttura cerebrale principale che costituisce la base neurobiologica delle emozioni è senza dubbio l'amigdala (sistema limbico, cervello emozionale), come confermano gli studi neuroscientifici. E' grazie all'amigdala che possiamo ricordarci di momenti emotivamente difficili o traumatici, in quanto essa è implicata anche nella formazione di ricordi di matrice emozionale. Senza questa struttura essenziale non impareremmo nulla dalla vita! Essa è situata nella parte più profonda del lobo temporale e si attiva all'arrivo di un input emozionale. Successivamente vengono inviati input verso il talamo (cervello razionale) che elabora lo stimolo emotivo fornendogli una valenza e una definizione razionale. 

Paul Eckman distinse le emozioni in primarie (universali) e secondarie (soggettive). Le prime, sono la gioia/felicità, la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto e la sorpresa. Le seconde, si riferiscono alle emozioni sociali come ad esempio la vergogna, l'orgoglio, l'imbarazzo e la timidezza. 

Le emozioni che proviamo non sono sono nella nostra psiche, ma esse si riflettono anche sul nostro corpo e in aree specifiche sulla base delle emozione che stiamo vivendo. Gli studiosi dell'Università finlandese di Aalto hanno sviluppato uno studio che mostra il legame psico-biologico delle emozioni, a dimostrazione del fatto che, ancora una volta, mente e corpo sono indissolubilmente collegati che agiscono insieme per guidarci all'azione. 


NeuroPsicoBenessere-Emozioni-Psicologia

E' veramente sorprendente vedere come tutti siamo accomunati da una "Mappa delle Emozioni" universale. A prescindere dalla cultura a cui apparteniamo, siamo in grado di provare le stesse emozioni, ma ciò che ci rende unici è il modo in cui le esprimiamo e attraverso cui utilizziamo le emozioni per comportarci ed agire nelle differenti situazioni che viviamo nella nostra vita. Nella "Mappa delle Emozioni" possiamo osservare che emozioni a valenza positiva come ad esempio l'amore e la felicità attivano la maggior parte di aree corporee, innalzando il nostro stato di benessere. Al contrario, vediamo come le emozioni a valenza negativa come la tristezza e la depressione disattivano gran parte delle nostre aree corporee, destabilizzando il nostro benessere psico-fisico. Ciò è molto pericoloso, in quanto ci indebolisce sia mentalmente sia fisicamente danneggiando anche il nostro sistema immunitario predisponendoci maggiormente alla malattia. 

Le nostre emozioni ci arricchiscono, implementano le nostre capacità di affrontare la vita allontanandoci dalle cose pericolose e avvicinandoci alle risorse fondamentali per la nostra sopravvivenza. Conoscerle ed esprimerle è essenziale per migliorare il nostro benessere psico-fisico.  

"Il tuo intelletto può essere confuso, ma le tue emozioni non ti mentono mai" Roger Ebert 


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo 


Alzheimer: killer silenzioso del millennio

Oggi sono molte le patologie neurologiche che influenzano lo stile di vita e ciò che fa la differenza rimane la prevenzione. L'Alzheimer...