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14 marzo 2022

Il Disturbo da Adattamento

Il Disturbo dell'Adattamento viene definito dal'DSM - Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali - come una risposta emotiva e/o comportamentale disadattiva ad uno o più eventi psicosociali stressanti identificabili. 

Come riconoscere un Disturbo dell'Adattamento

La caratteristica fondamentale per poterlo riconoscere è la presenza di risposte emotive e comportamentali eccessive all'evento stressante rispetto alla norma. In sintesi, si ha un malessere sproporzionato in termini di gravità ed intensità allo stress. Gli eventi stressanti possono essere singoli, rottura di una relazione o licenziamento, oppure multipli, come ad esempio: problemi personali, difficoltà lavorative ed economiche contemporaneamente. Alcuni eventi stressanti sono correlati a particolari momenti della vita oppure a passaggi evolutivi specifici che per svariati motivi diventano molto difficili da gestire se non impossibili da affrontare. Gli eventi stressanti più comuni che portano alla manifestazione del Disturbo dell'Adattamento sono: conflitti personali e/o sociali, rottura di una relazione, lutto, problemi economici, malattie o disabilità.

I sintomi caratterizzanti il Disturbo dell'Adattamento, quali: eccessiva preoccupazione, eccessiva risposta da stress, irritabilità e rabbia, paura e tristezza, ansia, sintomi dissociativi e mancato adattamento agli eventi stressanti, compaiono solitamente entro 3 mesi dall'evento stressante che porta a tale disturbo. Essi causano forte disagio in diverse aree di funzionamento globale: personale, sociale, scolastico o lavorativo.

Il Disturbo dell'Adattamento è molto comune, con la prevalenza statistica che oscilla tra il 5 e il 20% nella popolazione adulta. Mentre, in ambito ospedaliero la percentuale arriva fino al 50% di casi.  

Quali interventi psicologici è possibile applicare per intervenire sulla sintomatologia spesso invalidante del Disturbo dell'Adattamento. 

- Modificazione dello stile di vita; 

- Riduzione della risposta eccessiva allo stress; 

- Lavorare sulle capacità di autocontrollo; 

- Maggiore controllo sugli eventi stressanti; 

- Allenarsi con il Problem Solving e la ricerca di una nuova soluzione funzionale al problema;  

- Mindfulness; 

- Potenziamento di specifiche possibili risorse interne all'individuo;

- Counseling; 

- Colloqui Psicologici (lo Psicologo è fondamentale per fronteggiare qualsiasi tipo di disagio o disturbo);

- Modificazione del sistema di credenze; 

- Riparazione dei bias cognitivi (costrutti credenziali o valutazioni di fatti ed avvenimenti che si basano su false credenze, credenze erronee fondate sulla base delle preoccupazioni, su pregiudizi o idee illogiche)

- Promozione e aumento della resilienza; 

Un consiglio d'oro da mettere in atto per superare questo disturbo è il seguente: 

Prendere un foglio, scrivere tutte le preoccupazioni o i problemi che affiorano nella testa. Ordinarli per intensità e gravità dal minore al maggiore. In questo modo, apparirà tutto più ordinato e la via per la soluzione del problema sarà più chiara. Alcune delle preoccupazioni o dei problemi potrebbero in questo modo anche sparire da soli. Scegliere un problema o una preoccupazione alla volta. Concentrarsi su di essa. Mirare alla soluzione più funzionale. Dare inizio al cambiamento.  

Sotto stress diventiamo tutti più nervosi ed irascibili anche con le persone a noi più care. Un modo per esercitarci a controllare le nostre emozioni ed i nostri comportamenti risulta di imprescindibile rilevanza. Dal momento che, i problemi e le preoccupazioni che ci affliggono spesso possono rendere le nostre vite molto cupe ed amare, praticare la gentilezza si è rivelato essere un buon promotore di benessere psicologico. L'incapacità di essere gentili configura una vera disfunzione psicologica ed esistenziale. Come scrisse Rousseau: "Quale saggezza puoi trovare che sia più grande della gentilezza?". Questa frase emblematica, evidenzia come la pratica della gentilezza - una delle nostre abilità più elevate - sia la via regia per armonizzare la propria esistenza. 

In psicologia la gentilezza è correlata ad un elevato grado di benessere, alla stabilità, alla resilienza, alla creatività e alla nobiltà d'animo.  


Dott. Psicologo Ricci - Psicologo

14 febbraio 2022

Amore e relazioni affettive

Cos'è l'amore? 

A livello biologico è tutta una questione di chimica, mentre a livello psicologico dipende tutto dalla cultura di appartenenza, dal nostro vissuto personale e dall'idea che abbiamo dell'amore. 

La scienza ha dimostrato che l'amore è irrazionale. Ma come lo ha dimostrato? Attraverso l'analisi di molteplici studi di neuroscienze è emerso che la frase "amore cieco" è assolutamente vera ed ha uno suo corrispettivo con l'attività cerebrale che si verifica quando siamo innamorati. Ma andiamo nello specifico. Studiando coppie di innamorati è stato possibile rilevare come dopo aver visto il viso di un partner romantico l'attività cerebrale delle aree frontali subivano una netta diminuzione. Queste aree sono deputate anche alla capacità di giudizio. E' in ciò che si rivela l'illogicità dell'amore, in quanto si rende impossibile riconoscere i difetti dell'altro portandoci ad sorvolare su determinati comportamenti che solitamente non avremmo tollerato. Ragion per cui, nell'innamoramento, le capacità di giudizio risultano enormemente rallentate. Altro aspetto molto importante che riguarda l'innamoramento è una riduzione dell'attività di un'area cerebrale che è implicata anche nell'individuazione degli stimoli minacciosi e delle emozioni negative. Ciò avvalora in maniera ancor più forte la tesi secondo cui l'amore è una questione priva di logica e razionalità, il che non è sempre un bene dal momento che potrebbe esporci al pericolo di non riconoscere una persona che potenzialmente potrebbe farci del male. 

Ma vediamo cosa succede nel nostro cervello quando ci innamoriamo di qualcuno. 

Inizialmente, in special modo nelle prime fasi del corteggiamento, il nostro cervello rilascia elevate quantità del neurotrasmettitore della dopamina, implicato nella gratificazione, nel piacere, nella ricompensa e nella motivazione. Nelle fasi più avanzate dell'innamoramento si ha il rilascio di grandi quantità di noradrenalina e fenitilamina che sono i responsabili dell'euforia e delle "farfalle nello stomaco". Infine, si ha il rilascio di un ormone associato all'amore, ossia l'ossitocina che favorisce la realizzazione e il mantenimento dei legami romantici ed emozionali. Inoltre, l'ossitocina è anche responsabile della sensazione di "prendersi cura" che proviamo per un partner affettivo. 

Passato questo periodo di innamoramento, che può durare tra i 18 e i 30 mesi, il cervello non reagisce più come all'inizio dal momento che si è assuefatto. In questo modo la nostra capacità di giudizio razionale ritornerà a funzionare permettendoci di "vedere" realmente chi abbiamo davanti e scegliere se è la persona giusta per noi oppure no. Alla fine del processo di innamoramento, una volta deciso che il partner è quello giusto il nostro cervello inizierà a produrre endorfine che sono le responsabili dello stato di benessere psico-fisico dell'amore vero e proprio, quello puro, fondato sul rispetto dell'altro, della fiducia e dell'amore incondizionato. 

Secondo Fischer, l'amore è costituito da 3 fasi ben delineate costituite da una sequenza specifica di desiderio-amore romantico-attaccamento: 

Fase 1: desiderio, fase in cui facciamo esperienza del desiderio che ci fa provare interesse per qualcuno; 

Fase 2: amore romantico, fase in cui avviene la "cascata" neurotrasmettotoriale di cui sopra (dopamina, noradrenalina, fenitilamina e ossitocina); 

Fase 3: attaccamento, fase in cui sviluppiamo una voglia di stare sempre vicino al nostro partner e ci sentiamo felici di starci insieme. Questa è la fase in cui si concretizza l'amore vero e proprio. 

Fin qui tutto bello vero? 

Ma l'amore non è sempre tutto rose e fiori. In tal caso, si parla di amore malato e infatti, non è amore se: ci causa dolore e ci fa stare male usandoci solo per riempire un vuoto emotivo; se non ci rispetta e non ci accetta per quello che siamo e come siamo; se cerca di cambiare la nostra essenza o esercita una subdola violenza psicologica su di noi, se ci ricatta emotivamente; se ci fa sentire in colpa costantemente; o se ci fa sentire emotivamente dipendenti. Questo non è vero amore puro, ma è amore patologico. In questo caso è bene chiedere aiuto ad uno psicologo per cambiare il propio stato di sofferenza e ritrovare la felicità. 

Ricordate che l'amore scaturisce da due persone che sono già complete! L'amore non origina da due persone che sono incomplete e che hanno bisogno di completarsi a vicenda. Quante volte abbiamo sentito frasi di questo genere: "Tu mi completi" oppure "Ho bisogno di te per essere completo/a". Nulla di più sbagliato! Questo non è amore, ma è il voler riempire un vuoto, il vuoto emotivo che si trova in se stessi o nel partner romantico.  

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

07 febbraio 2022

Training Autogeno

Cos'è il Training Autogeno

Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento ideata da Schultz. Questa tecnica si configura attraverso una serie di esercizi di concentrazione che permettono di focalizzarci su diverse parti del corpo con l'obiettivo di raggiungere uno stato di rilassamento generale a livello psico-fisico. Il principio su cui si basa tale tecnica è il seguente: "Più il tuo corpo si rilassa, più la tua mente si distende, rilassandosi anch'essa". 

Tale tecnica può essere utilizzata in ambito preventivo ma anche per curare molti problemi psicologici come ansia, stress, aggressività, disturbi del sonno, disturbi alimentari, dipendenze, fobie, disturbi sessuali e disturbi psicosomatici. E' fortemente sconsigliata in caso di  psicosi e problemi cardiaci. 

Attraverso l'esercizio costante e metodico del Training Autogeno è possibile sciogliere i "nodi" della nostra vita raggiungendo uno stato di rilassamento assoluto che ci consenta di vivere in equilibrio psico-fisico. Concretamente consiste nella somministrazione di visualizzazioni guidate che sono in grado di indurre sensazioni positive e sulla contrazione/decontrazione di vari distretti corporei come ad esempio: braccia, gambe, testa, mani e piedi. 

Secondo Schultz le funzioni di questa tecnica consentono appunto di ristabilire l'equilibrio di quelle funzioni che sono alterate a causa di fattori stressanti andando a modificare quelle situazioni che sono psico-patologiche mediante un meccanismo di decondizionamento. In questo modo è possibile raggiungere, con il lavoro congiunto terapeuta-soggetto, uno stato di benessere psico-fisico generalizzato.

Training-autogeno-rilassamento-neuropsicobenessere

Un principio fondamentale della tecnica è quello di ideoplasia, ovvero la capacità della mente di produrre delle modificazioni corporee attraverso visualizzazioni guidate. Quindi, le immagini mentali prodotte dalle visualizzazioni guidate hanno la capacità di produrre delle modificazioni neuronali che corrispondono al distretto corporeo che si sta esercitando, ad esempio, le braccia. In virtù di questo concetto, le immagini mentali che configurano degli stati di calma inducono realmente degli stati di rilassamento sia fisico, a livello del corpo, sia mentale. 

Le condizioni per svolgere il Training Autogeno sono fondamentali per il corretto raggiungimento dello "stato di calma": 

1- ambiente silenzioso e con una luce non eccessivamente forte; 

2- indossare vestiti abbastanza comodi; 

3- posizioni: seduta, supina o posizione "del cocchiere" (seduti leggermente accasciati, piegando leggermente la schiena in avanti). 

Gli esercizi proposti da Schultz sono ben strutturati e devono necessariamente essere svolti in sequenza. Vediamo insieme i 6 esercizi base del Training Autogeno

1- Esercizio della pesantezza: consiste nel concentrarsi su un arto (braccio destro), immaginando che sia molto pesante ("il mio braccio destro è pesante"), successivamente si estende tale sensazione di pesantezza all'altro braccio fino ad estenderla in tutto il corpo in maniera progressiva. L'obiettivo è quello di distendere tutta la muscolatura volontaria dissolvendo cosi' tutte le tensioni fisiche e mentali. 

2- Esercizio del calore: questo esercizio consiste nell'immaginare che un arto, ad esempio una gamba, diventi progressivamente sempre più caldo, successivamente si passa all'altra gamba fino ad estendere la sensazione di calore in tutto il corpo. Attraverso questo esercizio si verifica una vasodilatazione periferica che aumenta l'afflusso di sangue e permette la dissoluzione progressiva della tensione. 

3- Esercizio del cuore: il principio alla base di questo esercizio consiste nel ripetere più volte "il mio battito cardiaco è regolare". In questo modo l'attività cardiaca verrà regolarizzata sperimentando una sensazione di calma. 

4- Esercizio della respirazione: anche in questo caso bisogna ripetere più volte la frase "il mio respiro è regolare". In questo modo è possibile regolarizzare consapevolmente la nostra respirazione inducendo uno stato di calma e rilassamento. 

5- Esercizio del plesso solare: lo scopo di questo quinto esercizio è quello di aumentare la vasodilatazione addominale ripetendo più volte la frase "il mio plesso solare è gradevolmente caldo" inducendo una sensazione di calma. 

6- Esercizio della fronte fresca: il principio è lo stesso, ossia ripetere più volte la frase "la mia fronte è fresca". Al contrario dei precedenti esercizi qui l'obiettivo è produrre una vasocostrizione. Le sensazioni che è possibile sperimentare sono calma e pace ritrovata. 

Fondamentale è la pratica guidata di questi esercizi di base proposti da Schultz, il cui scopo è quello di eliminare progressivamente le tensioni dei muscoli, dei vasi sanguigni, del cuore, dell'addome, del capo e della respirazione. 

Eliminando le tensioni corporee si dissolveranno anche le tensioni mentali! 

Concludendo possiamo dire che, i benefici del Training Autogeno sono: rapido e profondo recupero delle energie, profondo rilassamento psico-fisico,  introspezione, superamento di differenti situazioni difficili, miglioramento della concentrazione, attenzione e memoria e autocontrollo attraverso l'ascolto del proprio corpo che riflette le nostre emozioni e il nostro stato emotivo.  


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo 


01 febbraio 2022

RESILIENZA

Questo termine ultimamente è diventato molto noto, soprattutto con l'arrivo della pandemia. Talvolta viene usato a sproposito e questo genera confusione. Vediamo insieme a cosa ci si riferisce quando si parla di resilienza. 

Cosa si intende con il termine resilienza

La resilienza si riferisce alla capacità degli individui di far fronte alle situazioni avverse e allo stress. Fin qui tutto chiaro. Ma ciò che fa la differenza è la capacità di uscire rafforzati e potenziati dalle situazioni avverse nocivamente stressanti. Questo permette una configurazione di nuove possibilità di evoluzione e di adattamento che tendono al cambiamento positivo per le nostre vite e alla promozione del benessere psico-fisico. 

Imparare ad essere resilienti ci fornisce la possibilità di ricostruire il nostro progetto di vita. Questo evidenzia la natura dinamica dell'essere resilienti. Una dinamicità positiva rispetto agli eventi potenzialmente distruttivi che potrebbero verificarsi nel corso del tempo. Tuttavia, l'essere resilienti non rappresenta una tratto stabile. Non sempre siamo resilienti. Una situazione potrebbe essere troppo stressante ed impedirci di esserlo, mentre un'altra potrebbe esserlo lievemente e consentirci di rigenerarci velocemente ed efficacemente. 

Quali sono le regioni cerebrali implicate nella resilienza

Le regioni del cervello coinvolte in questa capacità sono: la regione pre-frontale sinistra, l'ippocampo, l'amigdala.  

Si può diventare più resilienti? 

La risposta a questa domanda è assolutamente affermativa. E questo è dimostrato dalle neuroscienze grazie al concetto della neuroplasticità. 

Gli aspetti fondamentali che accomunano le persone più resilienti e che quindi è bene potenziare per migliorare e massimizzare la capacità di riprendersi e riorganizzarsi in seguito a un evento stressante sono: 

- Il locus of control: che costituisce la credenza secondo cui possiamo avere un controllo sugli eventi che ci troviamo a vivere quotidianamente. Ciò ci permette di avere maggiore fiducia in noi stessi ed aumenta la nostra autostima. 

- L'autoefficacia: si riferisce alla consapevolezza che abbiamo di noi stessi di saper essere in grado di fare qualcosa.

- La flessibilità mentale.

- La predisposizione al cambiamento positivo: capacità di sperimentare il cambiamento vivendolo serenamente. 

- Praticare la Mindfulness: è scientificamente provato che anche 10 minuti al giorno ci permettono di aumentare la nostra resilienza.

- Trasformare le proprie debolezze in punti di forza: allenarsi per trasformare un problema in risorsa, una carenza in un pregio. Usando la metafora della farfalla che è sinonimo di trasformazione, spesso è necessario cambiare per poter affrontare un evento potenzialmente stressante. Ricorda che anche un bruco alla fine si evolve trasformandosi un una magnifica farfalla! Il bruco non deve pensare di essere una farfalla e la farfalla non deve rimpiangere il bruco che era. Bisogna vivere il momento presente con consapevolezza di noi e delle nostre reali capacità al fine di migliorare al massimo la nostra esistenza. E' bene ricordare che, anche se è necessario cambiare è fondamentale conservare la propria essenza senza smarrire la propria identità. 

Essere resilienti vuol dire avere e/o coltivare le risorse e le capacità che abbiamo per far fronte in maniera costruttiva agli eventi e non farci travolgere dagli stessi. 


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

12 gennaio 2022

MINDFULNESS

Nella società odierna, siamo altamente stressati, sempre di corsa, spesso attanagliati dall'ansia e dalle preoccupazioni della nostra vita. Sempre più spesso ci troviamo a vivere nelle nostalgie dei momenti ormai passati o, all'opposto, nelle preoccupazioni del futuro. Questo genera ansia,  malessere e depressione. Viene prodotto il cortisolo, l'ormone dello stress, che alla lunga danneggia tutto il nostro sistema nervoso. Si generano quindi dei comportamenti disfunzionali che influenzano negativamente la nostra personalità configurando dei comportamenti automatici. Il cosiddetto "pilota automatico di noi stessi"! 

In pratica non viviamo mai il momento presente! Ci limitiamo semplicemente ad "esistere" piuttosto che ad "essere". 

Un concetto molto importante da ricordare è quello di neuroplasticita', in quanto la parte che più verrà utilizzata del cervello sarà quella che abbiamo allenato di più. La neuroplasticita', fa riferimento appunto ai cambiamenti che avvengono nel nostro cervello in seguito ai nostri comportamenti. Quindi,  come accade per la struttura corporea (fisica), anche la struttura cerebrale (mentale) subisce dei cambiamenti e delle trasformazioni sulla base dei comportamenti che adottiamo. Infatti, tutte le volte che compiamo un'azione si creano delle nuove connessioni neurali che diventano sempre più forti ogni volta che le ripetiamo. Le connessioni che utilizziamo di più diventano più forti nel tempo trasformandosi in tratti di personalità che, talvolta, possono sopraffarci. 

Ma come possiamo allenare il nostro cervello e la nostra mente per concentrarci sul momento presente? 

Una tecnica che negli ultimi anni sta ricevendo consensi anche a livello scientifico è quella della Mindfulness. Mindfulness deriva da mind-full, significa "avere il focus sulla consapevolezza del momento presente". Tale pratica è stata ideata da Jon Kabat-Zin e si basa su sessioni di meditazione costituite da esercizi specifici. Attraverso di essa abbiamo la possibilità di tornare ad uno stato di benessere in tempo minore. Allenando la nostra concentrazione e la nostra attenzione possiamo tornare ad essere sperimentando il benessere psico-fisico attraverso l'uso attento di tutti i sensi. Uno dei principi cardine della Mindfulness è la capacità di non giudizio. Capacità che ci permette di osservare tutto ciò che ci succede senza giudizio. Tutti possono praticare la Mindfulness, ma essa richiede tempo, energia, intenzione, sforzo e volontà. 

Da ricordare è un concetto molto importante. Solo vivendo il momento presente, il qui ed ora, siamo in grado di esprimere il nostro massimo potenziale per affrontare le sfide che la vita ci pone davanti.  

Ma quali sono i benefici della Mindfulness? 

- Diminuzione dello stress, dell'ansia e della depressione 

- Miglioramento della salute globale (bio-psico-sociale) 

- Miglioramento della funzionalità del sistema immunitario 

- Aumenta l'attivazione delle regioni cerebrali correlate alle emozioni positive 

- Aumenta i livelli di autostima

- Aumenta lo spessore della corteccia pre-frontale 

- Migliora la qualità del sonno 

- Migliora le abilità cognitive 

- Migliori la consapevolezza di noi stessi  

- Rallenta l'invecchiamento 

- Aiuta a combattere il dolore e l'obesità 

La Mindfulness va' al di là delle pseudoscienze. Infatti, è scientificamente validata e i benefici che derivano dalla pratica costante posso essere visibili già dalle prime settimane. 

Se cambiamo il nostro cervello cambiamo noi stessi! "La misura dell'intelligenza è data dalla capacità di cambiare se stessi quando è necessario".  Albert Einstein

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo



Alzheimer: killer silenzioso del millennio

Oggi sono molte le patologie neurologiche che influenzano lo stile di vita e ciò che fa la differenza rimane la prevenzione. L'Alzheimer...