30 aprile 2023

5 Suggerimenti per chi è eccessivamente accondiscendente

Cari lettori, nella scrittura di questo nuovo articolo, colgo l'occasione per ringraziarvi tutti, ad uno ad uno (siamo arrivati a 7000 lettori) che, dalla nascita di questo progetto "Neuropsicobenessere", mi sostenete con la lettura appassionata ed inaspettata delle mie pagine. Un caloroso grazie a tutti voi. 

 

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Per definizione siamo animali sociali e abbiamo la necessità di condividere la nostra vita con le altre persone per confrontarci, parlare e arricchirci. 

Da questa premessa appare legittimo volersi circondare da soggetti con caratteristiche simili a noi. Tuttavia, nel momento in cui scegliamo di stringere un legame per noia, paura o solitudine, cercando di riempire vuoti interiori finiamo per accettare qualsiasi individuo o qualsiasi situazione.

E’ proprio qui che sta il nocciolo della situazione! Da ciò nasce l'esigenza di voler accontentare sempre tutti escludendo noi stessi. 

Essere sempre eccessivamente disponibili e quindi non saper dire mai di no non è il sinonimo di un buon grado di gentilezza. Questo risulta nocivo per noi, facendo passare noi in sempre in secondo piano. Naturalmente, con ciò non bisogna persare che sia sbagliato aiutare gli altri ma, come tutte le cose in cui si esagera, lo diventa nel momento in cui solo gli altri sono la priorità. 

Tra il voler essere gentile e il dover essere gentile esiste una linea sottilissima, che quando oltrepassata diventa nociva per noi stessi e può crearci danni a volte irreparabili. 

Arriviamo alla domanda da un miliardo di dollari. Cosa succede nel momento in cui siamo troppo disponibili e compiacenti verso gli altri? 

Annientando completamente la nostra persona e mettendo a tacere i nostri bisogni e i nostri desideri potremmo rischiare di far fronte a: 

- senso di colpa; 

- bassa autostima; 

- eccessiva insicurezza; 

- dipendeza emotiva; 

- necessità di approvazione altrui; 

- paura del giudizio altrui; 

- relazioni meno autentiche. 

A questo punto entriamo in un circolo vizioso molto pericoloso dove, diventa sempre più arduo uscire senza danni. 

Non si può vivere la propria vita per solo ed esclusivamente per accontentare gli altri mettendo al secondo posto sempre noi stessi. Qui è necessario fare una precisazione! Non si tratta certo di essre egoisti, ma solo di essere padroni di noi stessi, dei nostri desideri, delle nostre volontà e delle nostre scelte. 

Ecco 5 indicazioni da tenere sempre ben presenti prima di essere eccessivamente compiacenti con chiunque. 

1) Consapevolezza: il primo step per smettere di fare qualcosa è proprio rendersi conto ed accettare che l'ammiamo datta sino ad ora; 

2) Espressione di se stessi: riconoscere le proprie emozioni, i propri sentimenti, i propri bisogni e i propri desideri. 

3) Assertività: spiegare in modo deciso, sintetico e non aggressivo il perché di un no, è giusto. 

4) Fissare dei limiti: a lungo andare essere sempre troppo disponibili potrebbe portare gli altri ad approfittarsi senza scrupolo della nostra bontà d'animo e della nostra disponibilità, portandoli a mancarci di rispetto. Necessario è, farsi vedere come una persona che ha una propria voce, i propri spazi e che fa valere i suoi diritti e le proprie necessità. Fissare dei limiti e esporli chiaramente agli altri ci consentirà di tutelarci evitando di diventare vittime degli approfittatori seriali. 

5) Imparae a dire no: per chi è eccessivamente disponibile e accondiscendente è proprio questa la parte più complessa. Il saper dire di no, senza che gli altri si offendano o la prendano come un insulto. 

A questo punto risulta evidente come il bisogno di accontentare sempre gli altri provenga dal fatto che intrinsecamente vogliamo essere accettati (bisogno di accettazione), riconosciuti e piacere algi altri. Ma tutte le relazioni che creiamo compiacendo gli altri non sono veritiere. Nella vita, il rifiuto è inevitabile. La paura non deve bloccarci ed impedirci di fissare i nostri confini interiori, perché senza di essi non saremo rispettati. I confini chiari e ben comunicati seviranno a far sapere agli altri cosa possono chiederci e cosa possono aspettarsi da noi. Per tutelare il nostro se è utile stabilire o ristabilire un equilibrio tra passato e presente e non limitarsi ad essere semplicemente la conseguenza di ciò che è stato. 

Concludo con una frase molto significativa di Platone: "Non conosco la vita infallibile verso il successo. Ma una fallibile verso l'insuccesso: acontentare tutti. Con questa frase è eviedente come nel momento in cui perdiamo il nostro equilibrio psichico a vantaggio di quello dell'altro da se, perdiamo noi stessi. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo  

 

16 aprile 2023

Benessere Psicologico

Che cos'è il benessere psicologico

In occasione della settimana dedicata al benessere psicologico, oggi vedremo insieme di cosa si tratta e le strategie per mantenere nel tempo un adeguato livello di ben-essere. 


Il termine benessere psicologico può essere considerato un termine ombrello articolato e complesso. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il benessere psicologico come una condizione in cui "l'individuo è in grado di sfruttare le sue capacità emotive e cognitive, esercitare la propria funzione nella società, rispondere alle esigenze quotidiane della propria vita, stabilire relazioni soddisfacenti e mature, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell'ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni". 

Da tale definizione è facile intuire come il termine di cui sopra riguardi un equilibrio tra la persona, i suoi bisogni e le risorse mentali, quindi la sfera personale e razionale che può essere impiegata per raggiungere obiettivi e fronteggiare le difficoltà, la capacità di relazionarsi con se stesso e con gli altri e la possibilità di adattarsi alle sfide della vita quotidiana per promuovere lo stato di benessere mentale.  

Nel corso degli anni, la letteratura ha proposto diverse teorie e modelli nel tentativo di spiegare questo costrutto. Sono state individuate due prospettive differenti: la prima, è quella puramente edonistica, secondo la quale il benessere è associato alla felicità e che quindi esso coincida esclusivamente con la percezione di sensazioni ed emozioni positive; la seconda prospettiva, quella eudaimonica invece, sostiene che il benessere psicologico possa essere raggiunto attraverso una conoscenza di sé autentica. 

Carol Ryff sostiene che la felicità non è tutto nella vita e che la struttura sottostante al benessere è molto più complessa del semplice concetto di felicità e anche di quanto si possa evincere dalla letteratura esistente riguardo a questo argomento. Secondo Ryff, il benessere si configura come un processo dinamico e multidimensionale costituito da elementi specifici che inquadrano le dimensioni fondamentali del benessere dell'individuo. 

Quali sono quindi queste dimensioni? 

- Autoaccettazione; 

- Autonomia; 

- Controllo del mondo esterno; 

- Relazioni positive con gli altri; 

- Conoscenza di Sé; 

- Crescita personale; 

- Scopo nella vita.

Risulta di fondamentale importanza, nel momento in cui ci si trova in un momento di malessere, prendersi del tempo per riflettere su sé stessi, su quali siano i propri bisogni reali, i propri obiettivi e scopi di vita e le difficoltà principali che precludano il loro raggiungimento. Inoltre, è indispensabile riflettere sulle proprie risorse mentali e sulle life skills o a abilità per la vita che è necessario assimilare e potenziare per affrontare le diverse situazioni problematiche che possono essere incontrare nella vita di tutti i giorni. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

 

08 marzo 2023

8 Marzo - Festa della donna

La giornata dell'8 Marzo - Festa della donna nacque nel 1909 negli Stati Uniti e fu indetta dal Partito Socialista con l'obiettivo di porre attenzione sul diritto di voto alle donne. In seguito si aggiunsero altre motivazioni come ad esempio l'aumento dei salari e il miglioramento delle condizioni lavorative femminili.  

Il 25 marzo 1911 nella fabbrica Triangle di New York molti lavoratori, soprattutto donne immigrate, morirono in un incendio. Questo accadimento è la probabile causa per cui erroneamente la maggior parte delle persone pensa che la data dell'8 marzo commemori le operaie morte in un altro rogo di New York, alla fabbrica Cotton. In realtà questi dati nascono dalla giornata in cui un gruppo di donne a San Pietroburgo scese in piazza per chiedere la fine della guerra: era l'8 marzo 1917. 

Io sono del parere che il rispetto e la dignità dell'essere umano in quanto tale, uomo o donna che sia, non debba mancare mai. In ogni caso, vorrei approfittare di questa giornata per ricordare tutte quelle donne che nel corso della propria vita sono state vittime di violenza, abusi e soprusi di ogni genere, e tutti coloro che lottano ogni giorno per i diritti di vita fondamentali.

Nell'ottica e nella speranza di una riduzione nel tempo di queste perduranti disuguaglianze la Psicologia può svolgere un ruolo di primaria importanza, sia per la sua competenza nel miglioramento dei legami e delle relazioni tra i generi, sia per la capacità nel fornire supporto agli individui nel dare forma a credenze e rappresentazioni mentali, favorendo il benessere e il cambiamento sociale all'interno della società.        

La violenza di genere si inserisce nel quadro delle più ricorrenti e diffuse violazioni dei diritti umani con caratteristiche simili in tutti i paesi della Terra, diffuso in ogni periodo storico con elevate probabilità di impunità per gli autori che si accompagna a vergogna e colpevolizzazione per le vittime. Le conseguenze della violenza sulle donne possono protrarsi sui diversi piano che costituiscono la globalità degli individui, ovvero sul piano psicologico, fisico e sessuale nell’arco dell’intera vita di chi la subisce.          

A tale fenomeno vanno poi associate ulteriori discriminazioni che possono verificarsi fin dall'infanzia e che impediscono la piena inclusione nel tessuto sociale, come ad esempio il difficile accesso alla scolarizzazione che si traduce, nel tempo, in difficoltà sul piano della salute, dell’accesso al mondo del lavoro e più in generale sull’emancipazione e piena autonomia dell'individuo. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

07 febbraio 2023

Il bullismo

Il bullismo uccide!

In occasione della Giornata nazionale e internazionale contro il bullismo ed ogni forma di violenza ad esso correlata, oggi vedremo di cosa si tratta, quali sono le tipologie di bullismo e come contrastarlo. 

Neuropsicobenessere-bullismo


Quello del bullismo è un fenomeno caratterizzato da atti aggressivi e persecutori nei confronti di persone che sono realmente o idealmente percepite come "diverse" dalle altre, o nel caso dell'adolescenza, "diverse" dal resto del gruppo. Questi atti aggressivi e persecutori sono caratterizzati da ripetitività, intenzionalità ed asimmetria di potere, reale o percepita, tra la vittima e il bullo 

In questo fenomeno i ruoli sono ben definiti. C'è il bullo, che è colui che mette in atto le aggressioni e le umiliazioni nei confronti della vittima. C'è, la vittima, che è quella subisce le ripetitive aggressioni e poi ci sono gli astanti passivi, che sono coloro che guardano senza reagire alle prevaricazioni perpetrate dal bullo. 

La figura professionale dello Psicologo è fondamentale nell'individuazione tempestiva del disagio psicologico delle vittime e degli abusi verbali, fisici e psicologici attuati dai bulli al fine di arginare lo sviluppo di conclamati disturbi psicologici derivanti da questo fenomeno. Inoltre, è indispensabile nella promozione delle risorse mentali delle vittime che si trovano a vivere questi episodi in fasce d'età delicate, come quelle dello sviluppo o dell'adolescenza. 

Le disastrose conseguenze che il bullismo ha su chi ne è vittima sono: ansia, depressione, attacchi di panico, agorafobia, isolamento sociale, dipendenza, scarsa autostima e nei casi più gravi suicidio e psicosi. 

Il bullismo può essere diretto o indiretto:

-diretto: gli atti aggressivi sono diretti alla vittima in prima persona;

-indiretto: la vittima subisce le aggressioni per vie trasversali, per esempio attraverso la diffusione di informazioni personali delicate o facendo circolare pettegolezzi diffamatori per screditare la credibilità e l'affidabilità della persona. 

Quali sono le tipologie di bullismo? 

Ci sono diverse tipologie che caratterizzano gli atti aggressivi e persecutori tipici del bullismo: 

-bullismo verbale: caratterizzato dall'uso del linguaggio per arrecare danno alle vittime attraverso l'uso di nomignoli o parole dispregiative; 

-bullismo fisico: caratterizzato da aggressioni fisiche come colpi, spintoni, pizzichi, schiaffi, calci e pugni e distruzione o sottrazione di oggetti personali; 

-bullismo sociale: questa tipologia è messa in atto attraverso l'esclusione sociale e l'isolamento delle vittime dal gruppo sociale o diffondendo menzogne e falsità con l'intenzione di ledere la dignità della vittima; 

-cyberbullismo: tipologia che si manifesta con l'uso di internet e dei social per diffamare le vittime e danneggiarne l'autostima. 

Parlare delle aggressioni e denunciarle non è sinonimo di incapacità o debolezza. L'unico modo per far emergere tali comportamenti e parlarne con i genitori, con i professori e con gli psicologi. Molti studi evidenziano come i danni psicologici derivanti dal fenomeno del bullismo sono molto più gravi e duraturi rispetto a quelli fisici. 

Esistono diverse strategie che lo Psicologo può attuare per favorire l'elaborazione delle emozioni, ricostruire la fiducia, l'autostima e la salute psicologica delle vittime di bullismo. La prevenzione e la sensibilizzazione sono essenziali per contrastare l'insorgenza del bullismo a qualsiasi età e in qualsiasi ambito. Accanto alla prevenzione è fondamentale anche lo sviluppo delle life skills, ovvero abilità cognitive, emotive e relazionali. Le life skills sono necessarie per l'acquisizione di comportamenti efficaci ed adattivi per affrontare positivamente la vita. 

Le life skills ono suddivise in 3 categorie: emotive, cognitive e relazionali. 

-emotive: consapevolezza di sé, buon livello di autostima e autoefficacia, gestione delle emozioni e dello stress; 

-cognitive: pensiero critico, decision making, pensiero creativo e problem solving; 

-relazionali: comunicazione efficace ed assertiva, empatia e relazioni efficaci, 

Il bullismo uccide! Diciamo basta al bullismo. #UNITETOENDBULLYING 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo






30 gennaio 2023

Il Fitness Cognitivo-Emotivo

Cos'è il fitness cognitivo-emotivo

Con tale termine si fa riferimento alla convinzione di allenare la mente progressivamente e quotidianamente al fine di aumentare l'autoefficacia e di conseguenza l'autostima. Una buona pratica regolare, in principio non necessariamente intensiva, previene il disagio psicologico attraverso l'allenamento per il miglioramento e la massimizzazione delle risorse cognitivo-emotive dell'individuo. 

Le fondamenta di questo innovativo intervento psicologico si basano sulla promozione e sulla gestione delle proprie risorse cognitive ed emotive nel fronteggiare eventuali problematiche. 

I fattori essenziali del fitness cognitivo-emotivo sono: 

- la soddisfazione per il presente, che fa emergere quali sono gli aspetti più importanti della vita grazie all'analisi delle esperienze e della loro valorizzazione; 

- il potenziamento dell'autostima, che rende possibile la valutazione di sé stessi e delle proprie capacità attraverso un buon livello di autoefficacia; 

- il miglioramento della responsabilità, ovvero l'abilità di rispondere nella maniera più ottimale alle cose nel momento stesso in cui succedono, perché dopo potrebbe essere troppo tardi. L'abilità di rispondere efficacemente agli stimoli e agli eventi consiste nell'agire con fermezza e precisione nel preciso momento in cui c'è bisogno di agire.

Ogni scelta, anche quella più semplice o quella più istintiva, presuppone l'espressione delle proprie capacità cognitivo-emotive che sono la base del proprio patrimonio di risorse mentali, prodotto delle esperienze di vita. 

Il fitness cognitivo-emotivo richiede training completi e continuativi che garantiscono la realizzazione del "Progetto di Vita" di ogni individuo. 

I punti chiave di un buon training sono: 

- l'individuazione: ossia, individuare lo scopo di vita, rispondendo alla domanda "dove voglio andare?"; 

-il potenziamento: focalizzarsi sulle conoscenze dello scopo di vita, rispondendo alla domanda "quali informazioni ancora devo apprendere?";

- la verifica: vagliare tutte eventuali le possibilità che ci sono per raggiungere lo scopo di vita, rispondendo alla domanda "quanti e quali modi ci sono?"; 

- la creatività: trovare modi alternativi ed innovativi per la realizzazione dello scopo di vita;

- l'identificazione: identificare, tra le possibilità esaminate, qual è il sentiero giusto da percorrere, rispondendo appunto, alla domanda "quale sentiero è il più giusto da percorrere?"; 

- l'azione: passare all'azione abbandonando l'inerzia, ovvero agire in maniera risoluta, determinata e consapevole per realizzare il "Progetto di Vita", rispondendo alla domanda "ora sono pronto?". 

Tutti questo elementi, insieme, concorrono nel processo di massimizzazione delle nostre risorse cognitivo-emotive, nonché della flessibilità, dell'elasticità e dell'efficienze cerebrale migliorando il benessere psicologico.  

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo




11 gennaio 2023

Realtà Virtuale VR e Realtà Aumentata AR in Psicologia

Cos'è la Realtà Virtuale VR? 

Essa consiste in un insieme di ausili tecnologici costituiti da fattori di tipo esperenziale, tecnologico e psicologico. La VR consente di simulare una situazione reale con la quale è possibile interagire attraverso occhiali, visori, caschi o guanti al fine di dare l'impressione al soggetto di trovarsi realmente immerso nella situazione simulata. Infatti, attraverso questa innovazione tecnologica è possibile vedere, toccare e manipolare degli oggetti virtuali o ad esempio parlare con persone che non sono presenti fisicamente. 

Cos'è la Realtà Aumentata AR?

Diversamente dalla VR, la AR permette di aggiungere informazioni a quello che è già realmente presente su un display di un dispositivo mobile per aggiungere un nuovo livello alla comunicazione. Tale aggiunta di informazioni è possibile grazie a dispositivi quali, occhiali intelligenti, riviste interattive o quadri che prendono vita. 

Realtà-Virtuale-VR-Realtà-Aumentata-AR-Neuropsicobenessereblog


Con la VR il soggetto viene completamente catapultato in situazioni nuove o ambientazioni alternative facendone esperienza in prima persona, mentre con la AR il soggetto sperimenta un potenziamento percettivo-sensoriale della realtà. 

Esistono diversi tipi di esperienza che è possibile vivere con la VR e la AR.

1 - Immersiva: i soggetti si trovano totalmente immersi in una particolare situazione attraverso i canali sensoriali percettivi, tattili, visivi ed uditivi. Questo tipo di esperienza è la più avvincente, in quanto i soggetti sono dotati di dispositivi di movimenti, tattili, visivi e sonori che permettono di vivere esperienze di visualizzazione virtuale. 

2 - Semi-immersia: questo tipo di esperienza avviene all'interno di apposite stanze dotate di schermi di retro-proiezione che riproducono immagini da un computer e le proiettano sulle pareti circostanti. 

3 - Non immersiva: in questo caso l'esperienza avviene tramite un monitor che costituisce una sorta di finestra tramite la quale il soggetto può fare esperienza della realtà in 3D. 

Vari studi evidenziano l'importanza e l'innovazione di questo tipo di strumenti tecnologici all'interno della cura dei disturbi psicologici. Ad esempio, lo Psicologo Lazzeri sostiene che la Virtual Reality Exposure Therapy (VRET) ha mostrato la sua efficacia su tematiche relative a stimoli paurosi stressanti, facendone esperienza in un ambiente controllato e sicuro (seduta psicologica) in cui le reazioni emotive e psicologiche dei soggetti possono essere controllate dallo Psicologo. 

La Realtà Virtuale VR e la Realtà Aumentata AR in Psicologia.

L'uso della Realtà Virtuale e di quella Aumentata si è dimostrato particolarmente efficace nel trattamento di differenti disturbi psicologici, quali: 

- Disturbi d'Ansia; 

- Stress; 

- Fobie; 

- Disturbi del comportamento alimentare (DCA); 

- Disturbo post traumatico da stress (PTSD); 

- Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC); 

- Disregolazione emotiva; 

- Traumi; 

- Depressione; 

- Problemi sessuali;

- Apprendimento di strategie di coping (estremamente utili per la gestione di situazioni stressanti);

- Schizofrenia; 

- Sintomi psicotici. 

Per questa ragione, la VR e la AR consentono di utilizzare le esperienze virtuali esperite dai soggetti per valutare, indagare e trattare tali disturbi. Ad esempio, nel trattamento delle fobie, il soggetto viene gradualmente esposto dinnanzi alle proprie paure testando gli stimoli che percepisce come minacciosi riducendone a mano a mano l'intensità suscitata. Uno dei vantaggi della VR e della AR consiste nel fatto che, essa crea nella mente del soggetto, un forte senso di presenta che sprona, motiva e induce ad elaborare cognitivamente le esperienze vissute attraverso questa modalità innovativa in maniera più accurata e approfondita. Inoltre, la Realtà Virtuale possiede solide basi scientifiche che dimostrano la sua efficacia non solo nella cura della sofferenza psicologica, ma anche in termini di prevenzione, aumentando il benessere psicofisico della popolazione mondiale. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo





03 gennaio 2023

Una Guida per i Buoni Propositi del Nuovo Anno

Buoni propositi per il Nuovo Anno 2024.

Secondo gli psicologi la metà di noi, alla fine dell'anno, stila un elenco di ciò che vorrebbe cambiare. Alcuni studi, però, mostrano che intorno a giugno 6 soggetti su 10 hanno già mollato.

Tuttavia, se affrontati nel modo giusto, i buoni propositi possono davvero aiutarci a migliorare. L'inizio di un nuovo anno è un buon momento per porsi nuovi obiettivi. 

Ma come possono essere raggiunti? 

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Vediamo ora alcuni passi per raggiungere un buon proposito.

1. Determinazione: Innanzitutto, è bene farsi un esame di coscienza ed operare un esame di realtà, con l'obiettivo di comprendere quali sono i cambiamenti più importanti da compiere. Molte volte succede che ci poniamo obiettivi che gli altri considerano rilevanti, ma che in realtà non lo sono per noi. Questa spinta sociale, che arriva dall'esterno, è però destinata ad estinguersi in un batter d'occhio e non ci sostiene nei momenti di impegno e difficoltà che dobbiamo affrontare quando abbiamo il desiderio di attuare un cambiamento.

2. Realismo: è fondamentale essere realistici (ma non esageratamente!). Non si possono perdere 20kg,  né trovare l'anima gemella da un giorno all'altro. Il rischio è quello di essere vittime della sindrome della falsa speranza, ovvero un circolo vizioso fatto di propositi, fallimenti e nuovi sforzi, con l'obiettivo di cambiare se stessi. Invece, è fondamentale individuare gli obiettivi SMART, specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e basati sul tempo. 

3. Precisione:  Inoltre, per raggiungerli occorre essere molto precisi. Non è sufficiente affermare che "affronterò la vita con più motivazione"! Bisogna vincolarsi con la formazione di un programma ben strutturato, con giorni e orari ben definiti. A tal proposito, uno studio ha evidenziato che, la programmazione dettagliata delle azioni da intraprendere per realizzare buoni propositi moltiplica per 10 le probabilità di essere ancora concentrati su quell'obiettivo 6 mesi dopo essersi posti uno specifico obiettivo.

4. Fisiologia delle tentazioni: studi di neurofisiologia, lo confermano. Quando cerchiamo di resistere alla blandizia del cibo, di una sigaretta, deve entrare in azione la capacità di ritardare una gratificazione immediata per raggiungere una ricompensa futura più grande. L'ippocampo gioco un ruolo importante in questo meccanismo.

 5. Evitare le tentazioni: è estremamente importante prestare  grande cura nell'eliminare le tentazioni. Il problema non è legato al momento di "debolezza", ma al fatto che, se vengono assecondate continuamente, le tentazioni si tramutano in vere e proprie ossessioni e conseguentemente in abitudini tossiche. Spesso le tentazioni sono legate al desiderio di qualcosa che non è sano, appagando il proprio desiderio nell'immediato senza tener conto delle conseguenze. Senza contare che cedere alla tentazione può suscitare insoddisfazione, tristezza e colpa.

6. Una lezione che arriva dallo sport (esperienza che ho provato in prima persona essendo stato un atleta agonista). Alcune volte potremmo non riuscire però a far prevalere il ragionamento, per cui sarà la gratificazione immediata ad avere la meglio. A tal punto è importante evitare l'errore di considerare una singola o sporadica caduta come la prova della propria incapacità. Ciò equivale a mettere una x definitiva sul buon proposito. Tuttavia, è possibile trasformare un obiettivo a lungo termine in una ricompensa quotidiana a breve termine. Questo è il caso dello sport che, anche a piccole dosi produce emozioni positive, che spingono a non arrendersi mai. Le neuroscienze cognitive hanno dimostrato che lo sport aumenta notevolmente la determinazione (provare per credere!).

Una regola d'oro da non dimenticare è che premiarsi inizialmente per aver raggiunto un buon proposito non basta, in quanto i premi sono degli stimoli esterni e non hanno un reale effetto in termini di determinazione e/o motivazione. Ciò che è veramente importante è crederci. La convinzione interna di poter cambiare, definita in psicologia "senso di autoefficacia", è determinante per mantenere i propri propositi.

Raggiungere i buoni propositi non è solo una questione di forza di volontà, ma è il risultato di una programmazione dettagliata. Solo muovendoci su questa strada alla fine saremo in grado di stabilire i nostri buoni propositi per il nuovo anno in modo realistico, concreto e sostenibile.

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

Alzheimer: killer silenzioso del millennio

Oggi sono molte le patologie neurologiche che influenzano lo stile di vita e ciò che fa la differenza rimane la prevenzione. L'Alzheimer...