07 settembre 2022

La rabbia

Cos'è la rabbia? 

La rabbia è un'emozione primaria universale che deriva dall'istinto di difendersi per tutelare la propria sopravvivenza. Quindi, non deve essere necessariamente vista come un'emozione a connotazione negativa dato che essa ha una funzione adattiva. Per tale motivo la rabbia non è di per sé un'emozione negativa. Ciò che è negativo invece è il modo in cui la percepiamo e come ci comportiamo quando ci sentiamo arrabbiati.  

La-rabbia-come-gesrirla-neuropsicibenessereblog


Come dice Nardone, "la rabbia è come la piena di un fiume: più si cerca di arginarla e più aumenta, fino a rompere gli argini e a travolgere tutto". 

La rabbia dà origine a un flusso energetico molto forte. Non bisogna combattere la rabbia, ma è necessario trovare delle modalità funzionali per gestirla, canalizzarla e trasformarla, volgendo la sua forza a nostro favore. In questo modo possiamo usarla per raggiungere i nostri obiettivi, per affermare il nostro punto di vista e per promuovere i nostri diritti evitando che vengano calpestati. 

Ma come funziona il "cervello arrabbiato"? 

Le Neuroscienze Cognitive evidenziano che un ruolo fondamentale è svolto dall'amigdala, che è una regione cerebrale strettamente connessa con le emozioni negative, l'aggressività e quindi con la rabbia. Insieme all'amigdala, anche la corteccia cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale hanno un ruolo nei comportamenti aggressivi che scaturiscono dalla rabbia e svolgono un ruolo fondamentale nella presa di decisione sulla valutazione delle conseguenze di tali comportamenti. 

Quando la rabbia si impossessa di noi può svilupparsi in due direzioni: o implodere dentro di noi o esplodere verso l'esterno. Entrambe queste direzioni sono estremamente disfunzionali e per questo motivo occorre trovare strategie per gestire questo stato d'animo. 

La rabbia può essere gestita e ora vedremo come. 

- Identificare le cause scatenanti 

- Imparare a riconoscere e conoscere i segnali che precedono lo "scoppio" della rabbia

- Valutare la propria rabbia

- Allontanarsi mentalmente dalla situazione

- Cambiare prospettiva

- Sostituire i comportamenti disfunzionali adottando condotte più funzionali 

- Interrompere il flusso della rabbia 

- Esercizi di respirazione 

Imparare queste tecniche di gestione della rabbia è fondamentale e permette di salvaguardare la salute e il benessere psico-fisico dell'individuo. Non bisogna dimenticare che sperimentare momenti di rabbia o provare uno stato d'animo negativo è fisiologico, ma quando questo stato ci ostacola e diventa cronico tramutandosi nell'emozione dominante che proviamo, allora è il momento di rivolgersi ad un bravo Psicologo. Insieme a lui si avrà la possibilità di riconoscere i segnali e le motivazioni da cui scaturisce la rabbia e imparare come gestirla. 

Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

13 agosto 2022

IL FENOMENO DELLA FARFALLA IN FIAMME

Quando parliamo del fenomeno della farfalla in fiamme, ci stiamo riferendo ad una metafora che ci parla della dipendenza affettiva e di come spesso siamo attratti da ciò che ci ferisce e temiamo ciò che invece può liberarci. 

Spesso nella vita può capitare di dover affrontare situazioni che ci causano notevole disagio e di sentirci completamente incapaci di reagire e liberarci dalle catene di una situazione opprimente. 

Fenomenodellafarfallainfiamme-Neuropsicobenessereblog

“Psiche”, anima in greco, significa anche “farfalla”. Nasciamo con un bruco di anima, il nostro lavoro è dargli ali e volo.

(Alejandro Jodorowsky)


In riferimento al fenomeno della farfalla in fiamme, la paura più profonda è l'abbandono. Per questa ragione tendiamo a mettere da parte noi stessi incatenandoci in situazioni altamente tossiche. 

Ma andiamo nello specifico! 

Lo Psicologo Solà, parlando del fenomeno della farfalla in fiamme, descrive dei comportamenti serpeggianti che ci portano a ripetere delle situazioni che ci portano al disagio e all'oppressione. Gli studi di Solà evidenziano l'importanza del lavoro interiore per coltivare delle relazioni più sane. 

Perché viene definito proprio fenomeno della farfalla in fiamme? 

Le farfalle sono esseri fortemente attratti dalla luce emessa da una fiamma, ma più si avvicinano, più il loro disagio e la loro sofferenza aumentano. Nonostante ciò, esse non cessano di vedere la fiamma come uno stimolo attraente. 

Ma qual è la conseguenza di questo fenomeno? 

La distruzione dell'autostima è uno dei primi "tessuti" che la fiamma inizia a bruciare causando la perdita del controllo emotivo e del senso della realtà. 

Come fare per non rimanere bruciati e continuare ad essere una farfalla che vola libera nella calma, nella luce e nella tranquillità? 

- L'autostima: riconoscendo il nostro valore interiore diventa più semplice reagire e oltrepassare gli ostacoli della vita. 

- Una visione olistica: assumere una prospettiva chiara della situazione mettendosi anche nei panni dell'altro. 

- Valorizzare la conoscenza di sé: conoscere se stessi sarà fondamentale per cogliere i nostri comportamenti disfunzionali e per capire come mai abbiamo la tentazione di seguirli anche quando ci distruggono. 

- Bandire l'idealizzazione: spesso l'altro viene visto come la personificazione della perfezione. Ma la realtà risulta ben diversa. 

- Alimentare e curare il rapporto con sé stessi.

Riconoscere tale fenomeno ha molteplici vantaggi: 

- Incoraggiare il fluire delle cose, della vita. 

- Ricostruzione della propria emotività. 

- Riconoscimento dei propri ed altrui limiti. 

- Migliorare l'empatia. 

- Liberarsi dei problemi attraverso il perdono di sé stessi. 

- Trovare un senso per la propria vita e il proprio ruolo nel mondo. 

Il fenomeno della farfalla in fiamme è in grado di intrappolarci in un vortice di comportamenti disfunzionali facendoci stagnare in una situazione colma di disagio e sofferenza. La profonda conoscenza di sé, una buona autostima.

Dott. Pierluigi Ricci - Ricci

23 maggio 2022

L'Intelligenza Emotiva

Cosa si intende per Intelligenza Emotiva?

Secondo Goleman, l'Intelligenza Emotiva è la capacità di riconoscere le nostre ed altrui emozioni, di motivare noi stessi e di gestire costruttivamente i nostri sentimenti sia a livello personale sia a livello interpersonale. 

Intelligenza-Emotiva-Neuropsicobenessereblog

Possiamo sostenere che, le emozioni sono dei dati preziosissimi che ci guidano verso una visione olistica, più chiara della nostra vita emotiva. 

Che tipo di dati sono? Sono dati basati sulla nostra personale percezione del mondo e del nostro personale essere nel mondo. Nel momento in cui cessiamo di combattere contro le emozioni o di ignorarle, conquistiamo una risorsa dal valore inestimabile. La profonda conoscenza di noi stessi configura l'aprirsi a questi dati e ciò ci consente di utilizzarli per scegliere la strada che vogliamo intraprendere, l'obiettivo che vogliamo raggiungere. 

Quali sono le caratteristiche che una persona dotata di Intelligenza Emotiva deve possedere? Ecco le caratteristiche fondamentali: 

- la consapevolezza di sé: consiste nel conoscere le proprie emozioni ed esprimerle in maniera assertiva aumentando la propria fiducia in se stessi avvicinandosi sempre di più al proprio obiettivo;

- l'empatia: l'abilità di riconoscere le emozioni degli altri e la capacità di assumere la prospettiva emotiva dell'altro; 

- la gestione di sé: la capacità di riuscire a dominare le emozioni forti con l'obiettivo di tradurle in obiettivi concreti e costruttivi; 

-la motivazione: l'attitudine di guidare se stessi verso la realizzazione dei propri obiettivi trasformandosi in artefici del proprio processo di cambiamento positivo; 

- utilizzare le emozioni per pensare più fluidamente; la capacità di pensare più fluidamente e saper risolvere i problemi in situazioni nuove senza tener conto delle informazioni già acquisite dalle esperienze passate; 

- le attitudini sociali: l'attitudine a leggere efficacemente le situazioni sociali in modo da realizzare le interazioni interpersonali con efficacie ed autorevolezza, gestire i conflitti e risolvere le problematiche comunicative all'interno delle relazioni sociali.

Gestire le proprie ed altrui emozioni è fondamentale per raggiungere i grandi obiettivi della vita.

Riconoscere le emozioni non come scissione binaria, ovvero come buone o cattive, ma come fonte di informazione utile al fine di aumentare l'autoconsapevolezza.  

Tutto ciò è meraviglioso vero? Molti pensano che questa abilità sia innata. Ma la buona notizia è che l'intelligenza emotiva può essere acquisita o migliorata. Essa racchiude una rosa di capacità che possono essere esercitate per raggiungere un buon livello di questa meravigliosa abilità. La consapevolezza e la gestione di sè, l'empatia, la motivazione, il pensiero fluido e le attitudini sociali sono tutte abilità che ogni individuo può sviluppare. Ognuna di esse è relata al nostro benessere psicologico! Per questo motivo vanno considerate come risorse per la nostra salute mentale, che possono essere sempre potenziate e migliorate! 


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo

24 aprile 2022

Il Mirror Speaking - L' arte di parlare al contrario

Il Mirror Speaking (Parlare a "specchio") 

Di cosa si tratta? 

Le Neuroscienze Cognitive hanno inizialmente studiato tale fenomeno sulla base di un campione ristretto di soggetti, scoprendo che l'abilità di parlare al contrario è, in realtà, molto più diffusa di quanto si è pensato fino ad oggi. 

Questa abilità si configura attraverso un'innata capacità di pronunciare interi discorsi recitando ogni singola parola alla rovescia. Psicologi e Neuroscienziati hanno scoperto che questa abilità è presente in tutte le popolazioni del mondo. A livello cerebrale è l'emisfero destro ad essere il responsabile della capacità di parlare a specchio. Inoltre, questo emisfero ha un ruolo fondamentale nello sviluppo della creatività. 

Ma come è possibile che esistano persone in grado di parlare alla rovescia in maniera naturale e senza alcuno sforzo? 

Secondo gli Psicologi la risposta è da ricercarsi nell'infanzia. Durante l'infanzia i bambini si divertono molto giocando a pronunciare le parole al contrario ovviamente senza sapere che, oltre ad essere molto divertente, questa abilità prepara il terreno ad una di quelle capacità più avanzate del cervello umano, ovvero il linguaggio. Nello specifico, l'abilità linguistica di pronunciare le parole alla rovescia. Il nostro cervello normalmente percepisce gli stimoli in due modi differenti: l'emisfero cerebrale sinistro percepisce gli stimoli nel verso "convenzionale"; invece, l'emisfero cerebrale destro percepisce gli stimoli al contrario (immagini ribaltate). L'abilità del "parlare a specchio" è possibile grazie alla diminuzione del meccanismo psicologico di soppressione del contrario. Infatti, la letteratura scientifica indica che tutti i mirror speakers mostrano  L'emisfero cerebrale destro è l'area cerebrale nella quale il meccanismo di soppressione di verifica. Per questo motivo, la modalità di espressione dell'attività cerebrale di questo emisfero è ciò che fa la differenza tra mirror speakers e normal speakers. 

Parlare al contrario stimola la creatività, l'intuito, l'elaborazione schematica e permette di possedere una visione d'insieme dell'ambiente circostante. 

Un ottimo esercizio divertente ed utile per imparare a parlare a specchio è il seguente: 

1 - Pensare ad una frase semplice e chiara; 

2- Scriverla; 

3- Leggerla lentamente al contrario; 

4- Impararla a memoria; 

5 - Ripeterla; 

Ripetere la frase fino a quanto la velocità di produzione sarà diventata abbastanza veloce, arrivando a produrre delle frasi sempre più lunghe e complesse. 

Anche se non siete dei mirror speakers naturali, non preoccupatevi! Potete sicuramente cimentarvi a sperimentare questa abilità in maniera divertente. I benefici si vedranno soprattutto in termini di abilità creative. Oltre a ciò, il mirror speaking è fondamentale nello studio delle patologie legate ai sentimenti o alla depressione, ovvero quando le persone percepiscono alla rovescia anche le emozioni positive, volgendole al negativo. In questo senso, l'arte di parlare a specchio può essere uno strumento essenziale per il benessere psicologico. 


Dott.re Ricci



20 marzo 2022

I Disturbi dell'Alimentazione (DCA)

I Disturbi dell'Alimentazione (DCA) sono molto comuni e possono mettere in pericolo la salute psicofisica dell'individuo che ne soffre. La loro rilevanza clinica e sintomatologica ha determinato il loro inserimento nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Essi costituiscono un complesso psicopatologico vasto ed intricato che determina un persistente quadro clinico che presenta un'alterazione delle modalità di alimentazione e dei conseguenti comportamenti che ne derivano.

I-Disturbi-Alimentari-DCA-neuropsicobenessereblog

 

Cosa determina i DCA? 

I processi psicologici che si trovano alla radice dei DCA sono i punti critici a cui prestare molta attenzione. Infatti, è proprio da questi che si sviluppa la genesi delle problematiche legate all'alimentazione disfunzionale. I Disturbi dell'Alimentazione sono determinati da un insieme multifattoriale composto da: 

- fattori di predisposizione (genetici, psicologici, ambientali, culturali); 

- fattori precipitanti (ad esempio: problematiche psicologiche in un momento di vita particolare, diete molto restrittive, ansia e stress); 

- fattori di mantenimento (attività che fungono da rinforzo positivo rispetto al comportamento alimentare disfunzionale). 

Quali sono le cause psicologiche dei DCA? 

Molteplici sono le cause alla base dei disturbi dell'alimentazione e le più frequenti sono: di origine traumatica (eventi traumatici elaborati in modo disfunzionale o non elaborati; dinamiche sociali disfunzionali e disadattive; stress, ansia e depressione; i diversi passaggi tra le differenti fasi evolutive e/o eventi di significativa importanza; problemi di autostima; percezioni errate rispetto al proprio corpo e a ciò che viene ingerito. 

Tutti questi elementi vanno ad innescare la miccia che porta all'inevitabile scoppio dei Disturbi dell'Alimentazione che a loro volta innescano dei meccanismi psicologici disfunzionali e disadattivi attraverso i quali, il cibo viene utilizzato per veicolare il comportamento e le emozioni in termini di compensazione emotiva. 

I Disturbi Alimentarsi più diffusi oggi, nel circa 90% della popolazione mondiale, sono: l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il binge eating disorder (abbuffate incontrollate). 

- Anoressia nervosa: chi ne soffre cerca disperatamente di mantenere il proprio peso corporeo il più basso possibile mediante intensa attività fisica, drastica diminuzione dell'apporto calorico inducendosi vomito per assicurarsi di non ingrassare; 

- Bulimia nervosa: i soggetti che ne soffrono praticano ingenti abbuffate seguite da pratiche che mirano allo svuotamento dello stomaco per liberarsi delle calorie ingerite attraverso il vomito autoindotto, l'uso di diuretici o di lassativi. 

- Binge Eating Disorder: questo disturbo è molto diffuso ed è caratterizzato da abbuffate ingenti ed incontrollate in un particolare lasso di tempo in cui gli altri di solito non riuscirebbero mai a mangiare una quantità di cibo cosi' grande. Si associa la sensazione di perdita di controllo sul proprio comportamento alimentare e sentimenti di autodenigrazione. Lo scopo è quello di gestire le emozioni.

I DCA possono essere curati? 

Certo! 

La cura dei Disturbi Alimentari non deve essere pensata solamente in termini di mera correzione della condotta alimentare. Al contrario, essa deve mirare ad indagare quelle che sono le cause psicologiche sottostanti l'esordio del disturbo. E' fondamentale effettuare un percorso psicologico che miri ad indagare il profondo dell'individuo e quindi, quali sono le cause reali della sofferenza. Mirando a ciò, è possibile non solo operare una modificazione del comportamento alimentare disfunzionale che produca effetti positivi sulla manifestazione sintomatologica dei DCA, ma anche scavare e far emergere le cause più profonde della sofferenza psicologica che li ha scatenati. 

I percorsi psicologici, con psicologi esperi di nutrizione per risolvere i DCA sono necessari per permettere all'individuo che ne soffre di prendere innanzitutto consapevolezza dei disturbi alimentari che lo affliggono, delle conseguenti condotte disfunzionali e delle problematiche psicologiche sottostanti. 

Uscire dalla gabbia dei DCA non è semplice! Occorrono pazienza e dedizione! La durata dei trattamenti di solito varia dai 3 mesi e o può arrivare anche ad un anno. E' importante ribadire che, per risolvere i Disturbi dell'Alimentazione, la ristrutturazione del proprio Sé, il proprio nucleo di personalità e la sua analisi sono la via maestra per risolvere le cause psicologiche profonde di questi disturbi. Non bisogna fermarsi solo agli aspetti superficiali come la semplice correzione della condotta alimentare. Concludendo, è necessario promuovere un modello di benessere psico-fisico che sia orientato all'equilibrio tra mente e corpo fondamentale per il benessere psicologico della popolazione mondiale. 


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo 

14 marzo 2022

Il Disturbo da Adattamento

Il Disturbo dell'Adattamento viene definito dal'DSM - Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali - come una risposta emotiva e/o comportamentale disadattiva ad uno o più eventi psicosociali stressanti identificabili. 

Come riconoscere un Disturbo dell'Adattamento

La caratteristica fondamentale per poterlo riconoscere è la presenza di risposte emotive e comportamentali eccessive all'evento stressante rispetto alla norma. In sintesi, si ha un malessere sproporzionato in termini di gravità ed intensità allo stress. Gli eventi stressanti possono essere singoli, rottura di una relazione o licenziamento, oppure multipli, come ad esempio: problemi personali, difficoltà lavorative ed economiche contemporaneamente. Alcuni eventi stressanti sono correlati a particolari momenti della vita oppure a passaggi evolutivi specifici che per svariati motivi diventano molto difficili da gestire se non impossibili da affrontare. Gli eventi stressanti più comuni che portano alla manifestazione del Disturbo dell'Adattamento sono: conflitti personali e/o sociali, rottura di una relazione, lutto, problemi economici, malattie o disabilità.

I sintomi caratterizzanti il Disturbo dell'Adattamento, quali: eccessiva preoccupazione, eccessiva risposta da stress, irritabilità e rabbia, paura e tristezza, ansia, sintomi dissociativi e mancato adattamento agli eventi stressanti, compaiono solitamente entro 3 mesi dall'evento stressante che porta a tale disturbo. Essi causano forte disagio in diverse aree di funzionamento globale: personale, sociale, scolastico o lavorativo.

Il Disturbo dell'Adattamento è molto comune, con la prevalenza statistica che oscilla tra il 5 e il 20% nella popolazione adulta. Mentre, in ambito ospedaliero la percentuale arriva fino al 50% di casi.  

Quali interventi psicologici è possibile applicare per intervenire sulla sintomatologia spesso invalidante del Disturbo dell'Adattamento. 

- Modificazione dello stile di vita; 

- Riduzione della risposta eccessiva allo stress; 

- Lavorare sulle capacità di autocontrollo; 

- Maggiore controllo sugli eventi stressanti; 

- Allenarsi con il Problem Solving e la ricerca di una nuova soluzione funzionale al problema;  

- Mindfulness; 

- Potenziamento di specifiche possibili risorse interne all'individuo;

- Counseling; 

- Colloqui Psicologici (lo Psicologo è fondamentale per fronteggiare qualsiasi tipo di disagio o disturbo);

- Modificazione del sistema di credenze; 

- Riparazione dei bias cognitivi (costrutti credenziali o valutazioni di fatti ed avvenimenti che si basano su false credenze, credenze erronee fondate sulla base delle preoccupazioni, su pregiudizi o idee illogiche)

- Promozione e aumento della resilienza; 

Un consiglio d'oro da mettere in atto per superare questo disturbo è il seguente: 

Prendere un foglio, scrivere tutte le preoccupazioni o i problemi che affiorano nella testa. Ordinarli per intensità e gravità dal minore al maggiore. In questo modo, apparirà tutto più ordinato e la via per la soluzione del problema sarà più chiara. Alcune delle preoccupazioni o dei problemi potrebbero in questo modo anche sparire da soli. Scegliere un problema o una preoccupazione alla volta. Concentrarsi su di essa. Mirare alla soluzione più funzionale. Dare inizio al cambiamento.  

Sotto stress diventiamo tutti più nervosi ed irascibili anche con le persone a noi più care. Un modo per esercitarci a controllare le nostre emozioni ed i nostri comportamenti risulta di imprescindibile rilevanza. Dal momento che, i problemi e le preoccupazioni che ci affliggono spesso possono rendere le nostre vite molto cupe ed amare, praticare la gentilezza si è rivelato essere un buon promotore di benessere psicologico. L'incapacità di essere gentili configura una vera disfunzione psicologica ed esistenziale. Come scrisse Rousseau: "Quale saggezza puoi trovare che sia più grande della gentilezza?". Questa frase emblematica, evidenzia come la pratica della gentilezza - una delle nostre abilità più elevate - sia la via regia per armonizzare la propria esistenza. 

In psicologia la gentilezza è correlata ad un elevato grado di benessere, alla stabilità, alla resilienza, alla creatività e alla nobiltà d'animo.  


Dott. Psicologo Ricci - Psicologo

03 marzo 2022

Lo stato di Flow o Teoria dell'esperienza ottimale.

Cos'è lo stato di "flow" - flusso? Con tale termine ci si riferisce a quello stato psicologico in cui un individuo non è cosciente del passare del tempo perché è completamente immerso nello svolgimento di un determinato compito godendo al massimo l'esperienza che si sta vivendo. Quindi, nello stato di flow, "una persona si trova completamente assorta in un'attività per il suo piacere e diletto, durante il quale il tempo vola, le azioni, i pensieri e i movimenti si succedono l'una dopo l'altra, senza sosta". Essere nello stato di flow ci permette di godere pienamente delle esperienze sfidanti che ci troviamo ad affrontare. L'obiettivo quindi è quello di essere nello stato di flow per un intervallo di tempo sempre maggiore, senza però dimenticarsi quelle che sono le nostre responsabilità che tutti dobbiamo affrontare nelle nostre vite.  Lo psicologo Csikszentmihalyi è il padre della Teoria del Flow o Teoria dell'esperienza ottimale formulata nel 1975. 

Neuropsicobenessereblog-Stato-di-Flow


Le caratteristiche che devono avere le esperienze per poter essere definite davvero ottimali sono: 

- Totale concentrazione 

- Gli obiettivi del compito da svolgere devono essere ben chiari e raggiungibili 

- Gli obiettivi devono essere concreti 

- Non abbiamo preoccupazioni per altro

- Agiamo senza sforzo nel compito o nella situazione

- Sensazione di controllo assoluto sulla situazione o sul compito da affrontare

- L'attenzione è totalmente focalizzata sull'esperienza e ciò attiva lo stato di flow

- Lo stato di flow si genera quando si configura un equilibrio tra il compito e le abilità che abbiamo per poterlo affrontare senza preoccupazione. L'esperienza non è facile o complessa, ma equilibrata per le nostre abilità. 

Per fare esperienza di un buono stato di flow è indispensabile l'allenamento, la pazienza e un ambiente adeguatamente sfidante. 

La Teoria del Flusso viene considerata come la teoria suprema per il raggiungimento della felicità. Attraverso essa è possibile migliorare la consapevolezza delle proprie abilità, massimizzare le proprie performance, evitare le distrazioni aumentando l'attenzione, raggiungere i propri obiettivi e infine raggiungere uno stato di benessere. La cosa che è veramente importante, è che attraverso lo stato di flow possiamo godere veramente di quello che facciamo massimizzando realmente il nostro potenziale.   


Dott. Pierluigi Ricci - Psicologo 

Alzheimer: killer silenzioso del millennio

Oggi sono molte le patologie neurologiche che influenzano lo stile di vita e ciò che fa la differenza rimane la prevenzione. L'Alzheimer...